In un mondo che sta andando velocemente alla deriva, dove in pochi anni si sono moltiplicate vertiginosamente guerre e tragedie umanitarie, dove i punti di riferimento cambiano con velocità crescente, diventa veramente importante capire, noi italiani, chi siamo, e con quali valori ci poniamo di fronte al mondo.
Di valori si parla molto nella propaganda politica nel nostro Paese: “difesa dei nostri valori”, “orgogliosi dei nostri valori”, “stranieri che attentano ai nostri valori” sono frasi che ricorrono molto spesso. Tuttavia non si sa esattamente quali siano questi valori. I valori cristiani incentrati sull’amore per il prossimo? Accoglienza perdono compassione solidarietà pietà? O valori un po’ più laici come l’onestà intellettuale, la lealtà, la correttezza, il rispetto? La protezione dei deboli la giustizia sociale la lotta alle ingiustizie la pace tra i popoli?
Sono domande lecite perché la costante italiana di fare il pesce in barile, di correre in aiuto ai vincitori ma senza sbilanciarsi troppo, di prendere posizione sempre con colpevole ritardo per non compromettersi mai diventa veramente un problema in un mondo nel quale le certezze che ci facevano sentire al sicuro si stanno sfaldando e dobbiamo trovare nuovi equilibri. Gli Usa, per esempio, con la rielezione di Trump potrebbero uscire dalla Nato, o almeno ridimensionare pesantemente il proprio impegno economico e militare e il proprio ruolo.
Questo porrà l’Europa, e per essa ciascuno dei suoi componenti, davanti a scelte molto impegnative e significative in ordine ai futuri equilibri. Il che significa che i valori che ci siamo dati dovranno guidare le nostre scelte, non essere soltanto ostentati. E questo in una situazione internazionale molto complicata e in frenetica evoluzione, mentre abbiamo sul suolo europeo una guerra che ci coinvolge molto da vicino, con uno dei contendenti con il dito sul grilletto delle armi nucleari, e il Medio Oriente che si sta incendiando e potrebbe andare fuori controllo, con tutta una serie di implicazioni economiche e di scelte diplomatiche, oltre a una previsione di maggiori flussi di profughi.
Sino a ora, la capacità dei deputati che abbiamo inviato al Parlamento Europeo ha avuto un peso relativo sulle politiche estere, già in qualche modo preconfezionate e allineate. Certamente in passato abbiamo pagato a caro prezzo dal punto di vista economico la mancanza di peso e di spessore dei nostri rappresentanti, a partire dalle famigerate “quote latte” per continuare con la faticosa questione dei marchi di Denominazione di origine controllata e/o protetta che rischiava di danneggiare fortemente i prodotti di punta nell’agroalimentare italiano.
Ma ora la questione non è solamente economica bensì politica, etica, una questione di identità di una Nazione, perché dovremo decidere o perlomeno partecipare a decisioni paradigmatiche sui futuri assetti dell’Europa nei confronti del mondo.
Chiediamoci dunque chi sono i parlamentari che abbiamo mandato in Europa a rappresentarci e quali sono i loro valori di riferimento. A Monfalcone, per esempio, le recenti elezioni hanno mandato al Parlamento Europeo l’ex sindaco di Monfalcone, attualmente assessore con diversi incarichi, tali da suggerire un suo effettivo ruolo di sindaco-ombra. Di recente questa persona ha annunciato con grande enfasi un viaggio in Bosnia per andare a indagare sulla cosiddetta “rotta balcanica” dell’immigrazione clandestina, problema su cui aveva incentrato la propria campagna elettorale. A quanto si è capito una propria iniziativa autonoma, non disposta dalla UE.
Su questa iniziativa ha rilasciato un comunicato sui social media: “Abbiamo voluto documentarci (sulle migrazioni sulla rotta balcanica NdR) siamo andati in Bosnia, nella città di Bihac da cui partono per attraversare il confine croato. La polizia croata respinge gli immigrati ed è lì che succede una cosa assolutamente vergognosa quando vengono respinti c’è un centro a 20 km da Bihac dove gli irregolari vengono rifocillati e viene dato da dormire da lavarsi e soprattutto scarpe nuove per rifare quel percorso illegale che li porta in Italia. Quel centro è finanziato dalla Unione Europea con i fondi dell’Unione europea e non è un centro di respingimento ma è un centro che supporta il traffico illegale di ragazzi che passano illegalmente la frontiera e tra questi ci possono essere anche dei terroristi.”
Il comunicato riflette un atteggiamento di indignazione per il comportamento pietoso di fronte a questa tragedia umanitaria. Che delle persone che muoiono di stenti in mezzo al freddo vengano rifocillate, fatte dormire al caldo, che possano avere accesso all’acqua. Sembra evidente che questa persona, che ordinariamente professa valori dichiaratamente cristiani, specie in ordine al Natale, preferirebbe che questi profughi venissero lasciati a loro stessi. Va detto, tra l’altro, che le scarpe vengono loro fornite perché spesso ne sono privi, dal momento che gliele rubano o sottraggono; sembra che lo faccia anche la polizia croata per scoraggiarli dal ritentare l’accesso alla Croazia e quindi alla UE. Per capirsi, queste persone arrivano al confine, vengono respinte e senza scarpe devono tornare sino al campo, che si chiama Lipa, distante 27 km e sì, è finanziato dalla UE per offrire riparo e soccorso.
Per sapere tutto questo non è necessario usare i soldi dei contribuenti per farsi un viaggio in Bosnia, basta documentarsi sui giornali o su Internet, Https://www.rivoltiaibalcani.org/lipa/ https://lavialibera.it/it-schede-658-cosi_l_europa_confina_i_migranti_in_bosnia Https://www.youtube.com/watch?v=SZUhpyIiNOc.
Ridondante l’ipotesi che tra questi disperati si nasconda qualche “terrorista”, proposizione esposta evidentemente per dare una giustificazione all’atteggiamento di cinica chiusura che appare dietro alle considerazioni della deputata europea e non da reali convinzioni.
Il campo di Lipa è uno dei campi istituiti in Bosnia Erzegovina e finanziati dalla UE; le organizzazioni umanitarie lo considerano un fallimento delle politiche migratorie in Europa, perché nasce dall’esigenza di tenere i migranti “fuori”, non di gestirne in qualche modo i flussi. Non è quindi né un centro di prima accoglienza, né un centro per richiedenti asilo, bensì uno dei luoghi di confinamento dove la dignità umana viene calpestata che caratterizzano l’attuale storia europea e la cui natura ed evoluzione sono ancora tutte da analizzare e comprendere. Esiste comunque dal 2019, chiuso nel 2020 a seguito di un incendio e riaperto nel 2021. Senza segreti. Non c’era bisogno di una “missione” per scoprirlo.
Di campi così in Bosnia ce ne sono diversi. Cito la pubblicazione Bosnia ed Erzegovina, la mancata accoglienza. Dall’emergenza artificiale ai campi di confinamento finanziati dall’Unione europea: dal 2018 all’ottobre 2019, gli aiuti attribuiti alla BiH per far fronte alla situazione dei migranti sono stati pari a 5,8 milioni di euro. A questi si sono aggiunti 4,5 milioni nell’aprile del 2020 e 3,5 milioni a gennaio 2021, per un totale di 13,8 milioni. Oltre a questi importi, stanziati attraverso uno specifico meccanismo per le emergenze, nel periodo 2018-2021 l’Unione europea ha assegnato alla Bosnia ed Erzegovina altri fondi per la gestione delle migrazioni, l’implementazione del sistema d’asilo e di accoglienza nonché la gestione delle frontiere per complessivi 88 milioni di euro a cui si sono poi aggiunti quelli di altre istituzioni o governi nazionali. Tutto scritto e tutto documentato senza bisogno di andare in missione speciale.
La Comunità Europea finanzia la Bosnia perché gestisca i profughi tenendoli fuori dai confini europei, contribuendo così a mantenere migliaia di persone in situazioni di estremo degrado. Questo sarebbe potuto essere il report di un deputato europeo in “missione”, non certo lo stigmatizzare il fatto che ai profughi venga dato un aiuto per sopravvivere.
Sarebbe sperabile che venissero dati dei contributi di idee e di testimonianze per cambiare questa situazione e trovare delle vere soluzioni. Questa è l’Europa nella quale mi riconoscerei. Non mi riconosco nei comportamenti di un rappresentante del popolo italiano che auspica che queste persone vengano abbandonate e non soccorse. Non mi riconosco nel cinismo. Non dobbiamo, non possiamo dimenticare quali sono le conseguenze di quella croce che mettiamo sulla scheda elettorale, talvolta mossi da una emotività provocata e spesso manipolata da becere trasmissioni televisive di infimo livello. Perché queste persone poi parlano nel nostro nome in Europa e nel mondo. E dicono queste cose, voteranno queste cose, sceglieranno queste cose in nome del popolo italiano.
Massimo Bulli