Oltre agli infortuni e alle morti sul lavoro che colpiscono un numero di lavoratori inaccettabile, le malattie “professionali” causate dalle esposizioni ai materiali potenzialmente cancerogeni stanno aumentando con percentuali importanti.
Ogni anno in Europa 100.000 lavoratrici e lavoratori muoiono a causa di tumori derivanti da “esposizione professionale”. Qui sono gli uomini che uccidono altri uomini, sono omicidi. Non si tratta di fatalità, ma dei risultati di precise scelte dettate dal profitto. Siamo di fronte al sacrificio della vita umana per il profitto di pochi, in danno di molti. Utilizzo sempre la parola “uomini” perché, quasi sempre, loro hanno messo il profitto davanti alla vita, loro uomini sono i principali responsabili. Questo per fare una riflessione: se negli incarichi di responsabilità ci fossero le donne, loro che danno la vita come atto d’amore, tutto questo non succederebbe.
È una tematica percepita come lontana, visto che le conseguenze dell’esposizione a questi materiali si paleseranno fra 20/40 anni. È un problema percepito come meno “violento”, forse dato per scontato, quindi fa meno notizia, ma diventa preoccupante proprio perché sottovalutato. E “inquietante” dopo l’esperienza amianto ancora in evoluzione, con migliaia di esposti e una mortalità ancora elevata.
La guerra in Ucraina, con i proiettili all’uranio impoverito, ci ripropone la dispersione delle fibre di amianto dai caseggiati e dalle strutture distrutte, che si aggiungono alle centinaia di migliaia di morti tra i militari e civili dei due contendenti. In Europa l’amianto continua a mietere vittime, mentre prosegue l’aumento del numero dei casi sia di mesotelioma che di altre patologie asbesto correlate.
L’Italia fu tra i primi paesi a darsi delle normative anticipando quelle europee, salvo poi lasciare nel cassetto i programmi di bonifica; in molti luoghi di lavoro le norme sulla sicurezza sono rimaste sulla carta, e aziende di Stato e istituzioni violano le leggi continuando a inquinare. Siamo in emergenza continua, ci sono ancora 40 milioni di tonnellate di amianto da rimuovere. Sono stati monitorati dall’Osservatorio Nazionale Amianto: 500.000 km di tubi in cemento amianto per l’acqua potabile, 500 ospedali, 2500 scuole, 50.000 siti industriali, 42 siti di interesse nazionale, ecc. Ancora oggi vengono svolte lavorazioni con esposizioni all’amianto, alle fibre di isolamento, che impegnano migliaia di lavoratori, ad esempio nelle ristrutturazioni energetiche degli edifici, utilizzando finanziamenti pubblici, fatte senza un preventivo certificato di sicurezza sui materiali utilizzati nelle strutture sollecitato dall’Europa nel 2013/2020. Siamo in una fase in cui l’esposizione avviene sui luoghi di lavoro, ma anche per motivi ambientali. L’ONA stima in 7000 le vittime nel 2022.
Amianto e sostanze sostitutive, conseguenze e prevenzione, un patto generazionale
Per definire una cornice dentro la quale fare un ragionamento inizio dai primi del 2017, quando a livello europeo è maturata la necessità di aggiornare la Direttiva UE, del 2004, in materia di sostanze cancerogene negli ambienti di lavoro. Questo, per il bisogno di allineare i contenuti tecnici e scientifici: introduzione di nuove sostanze nei processi produttivi, ridefinizione dei valori limite di esposizione, metodologie di protezione, sorveglianza sanitaria e monitoraggio epidemiologico. La Commissione Europea ha deciso di affidare il compito di elaborare i contenuti tecnico-scientifici dell’aggiornamento della Direttiva cancerogeni a un Comitato scientifico in materia di limiti d’esposizione (Scoel). La maggioranza degli esperti chiamati a comporre questo Comitato (15 su 22) erano in palese conflitto di interesse: infatti, intrattenevano legami professionali molto stretti con i settori interessati nell’uso delle sostanze sottoposte alla valutazione del Comitato.
Cinque punti su cui va fatta una riflessione:
– La credibilità delle Istituzioni europee va valutata sul grado di autonomia o di dipendenza dai poteri forti;
– Le posizioni dei sindacati CGIL, CISL, UIL nazionali ed europei sono state disattese. Sindacati e lavoratori sono stati sconfitti;
– I valori limite, molto alti, aprono la strada a veri e propri disastri umani. I lavoratori hanno l’illusione di essere protetti, ma in pratica questi valori limite si trasformano in una “autorizzazione a uccidere” che l’Europa accorda alle imprese;
– La “silice cristallina” è la sostanza che ci interessa perché utilizzata in quantità massicce e con esposizioni massicce di lavoratori nell’edilizia e nella cantieristica. Il valore limite dovrebbe essere, sulla base di studi epidemiologici e d’igiene industriale USA, 0,05 mg/m3, già fissato nella Direttiva UE 2004. Mentre gli esperti della Commissione prevalentemente di parte padronale decidono di cancellare il limite di 0,05 e approvano il nuovo limite di 0,1 mg/m3. La nuova Direttiva entrata in vigore il 16 gennaio 2018 introduce cambiamenti e modifiche agli articoli della direttiva 2004. Il Sindacato nazionale e europeo ETUC denunciano una potenziale conseguenza di pericolo di 100.000 vite nei prossimi 50 anni.
Merita seguire i punti della Direttiva del 2018, con le modifiche dei limiti che peggiorano i rischi per la salute dei lavoratori. Nell’applicazione a livello nazionale servono, possono, devono essere fatti diversi interventi migliorativi.
– punto 1: Gli Stati membri hanno facoltà di stabilire valori limite vincolanti di esposizione professionale più rigorosi, iniziando dal riportare il valore limite del silicio da 0,1 a 00,5 mg/m3;
– punto 2: In tale contesto è essenziale tener conto del Principio di precauzione, ove vi siano incertezze. Il Principio di precauzione e Principio di prevenzione ambientale comporta l’obbligo per le autorità amministrative competenti di stabilire una tutela anticipata rispetto alla fase di applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione. Tale anticipazione è del pari legittima in relazione potenzialmente pericolosa, idonea a determinare rischi che non sono oggetto di conoscenza certa, compresa l’ipotesi di danni che siano poco conosciuti o solo potenziali. Sicché, rispetto a una situazione di tale genere, il principio di precauzione impone che l’autorità amministrativa interessata attui un’azione di prevenzione rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche. Regione FVG 22/04/21;
– punto 3: Per la maggior parte degli agenti cancerogeni e mutageni non è scientificamente possibile individuare livelli al di sotto dei quali l’esposizione non produrrebbe effetti nocivi;
-punto 6: I valori limite fissati dalla presente direttiva dovrebbero essere rivisti ove necessario alla luce delle informazioni disponibili, compresi nuovi dati scientifici e tecnici. Sui posti di lavoro non vengono fatte analisi, l’unico studio è quello fatto a Monfalcone nei primi anni 2000;
-punto 7: Visto la mancanza di dati coerenti sull’esposizione alle sostanze, è necessario proteggere i lavoratori esposti o a rischio di esposizione rendendo obbligatoria un’adeguata sorveglianza sanitaria;
-punto 18: Vi sono prove sufficienti della cancerogenicità della polvere di silice cristallina respirabile;
– punto 32: Sul luogo di lavoro, si può essere esposti a una combinazione di sostanze, il che può accrescere i rischi per la salute.
Altri punti su cui lavorare:
– Le certificazioni dei materiali da parte di enti europei cosiddetti indipendenti, es. Euceb, sicuramente rispettano le regole europee; il punto è che i dati di partenza sono già stati modificati;
– Non sono previste analisi dei singoli elementi che compongono il materiale né delle loro possibili conseguenze sulla salute del lavoratore. Nemmeno sulla sommatoria degli elementi potenzialmente pericolosi e di come possono diventare moltiplicatori degli effetti negativi;
– Gran parte delle lavorazioni vengono svolte da ditte in appalto e da lavoratori provenienti da altri paesi. Tutto è precario: aziende, lavoratori, controlli, salario, contributi, diritti;
– Per ogni lavoratore, serve raccogliere i dati di esposizione ai materiali potenzialmente pericolosi e dei tempi di esposizione. Ricordo e sottolineo la velocità nell’innovazione dei materiali con una durata di cinque anni. Questi dati diventano determinanti in caso di conseguenze per la salute e per il riconoscimento pensionistico.
– Per rompere il silenzio sull’utilizzo delle fibre artificiali vetrose è necessario ripartire dagli studi svolti alla Fincantieri di Monfalcone nei primi anni 2000, da cui è stato elaborato il Documento sulle Buone maniere, dal Documento Stato-Regioni del 2015/16 e dal convegno sulle Fav di Monfalcone del 2017, con importanti relazioni, per es. del dott. Massimo Bovenzi, di Stefano Massera e Danilo Cotica.
– Dopo l’aumento delle malattie conseguenti all’esposizione al silicio dei lavoratori edili, le Asugi del Veneto e del Friuli Venezia Giulia hanno elaborato un Documento sulle Buone maniere. Lavoratori di ditte di appalto e artigiani sono difficilmente raggiungibili senza una rete territoriale. Vanno monitorate le strutture e l’organico degli enti di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (Medicina del Lavoro) rispetto al tessuto produttivo territoriale. In un rapporto tra prevenzione, salute, sicurezza, sanità, come l’amianto ci ha insegnato, queste tematiche sono “questioni sociali”.
Oggi abbiamo a disposizione studi, informazioni, conoscenze che ci permettono di intervenire con la prevenzione. Non ci sono giustificazioni per i ritardi. Questo quadro può avere una svolta positiva se vengono coinvolte tutte le forze sane del Paese con una presa d’atto politico istituzionale per la bonifica, la sorveglianza sanitaria, la cura, il risarcimento dei danni. La protezione della salute e della sicurezza sul lavoro e a casa diventi la spina dorsale della transizione e del futuro sviluppo. Bisogna essere convinti che per batterli i pericoli vanno combattuti: è una questione culturale.
Luigino Francovig