Seconda stella a destra…

 

Seconda stella a destra e poi dritti fino al mattino.

Queste sono le indicazioni che Peter Pan, nella fiaba omonima, fornisce ad una stupefatta Wendy per raggiungere l’Isola che non c’è. Quest’isola è un luogo immateriale, che si può raggiungere solo volando, e per poter volare è necessario… credere nelle fate, oltre ad una serie di altre cose, come credere di poter volare ed avere dei pensieri felici.

Nell’Isola che non c’è ci sono cose di pura fantasia, si sono dei ferocissimi pirati , capitanati da Capitan Uncino, coccodrilli ed altre cose pericolosissime contro i quali lotta la comunità dei Bambini Perduti, capitanata da Peter Pan.

L’isola che non c’è non esiste per Wendy ed i suoi fratelli, sino a che non appare nella loro vita un affabulatore, cioè appunto Peter Pan. Non esistevano i pirati, non esistevano i coccodrilli, sino a che con la fantasia hanno scoperto l’Isola che non c’è.

Questa fiaba diventa attuale oggi per quanto riguarda la nostra città di Monfalcone, che da tranquilla cittadina industriale di provincia, è diventata, nella fantasia di qualcuno, un covo di personaggi terribili, un luogo pericolosissimo, ostaggio di una comunità religiosa dedita alla tratta di ragazzine, assediata da feroci saladini assetati di sangue, in balia di personaggi che osano pregare laddove la destinazione d’uso di un locale permette la riunione ma NON la preghiera , facile preda di personaggi senza scrupoli capaci di tutto, dallo sfilare pacificamente nei viali più’ periferici della città un sabato mattina, restituendo le strade perfino più’ pulite di quello che erano prima , (ad onta della presenza di un albero di Natale nella piazza principale e della contemporanea distribuzione gratuita di fette di panettone, nota cerimonia sacra) , fino al fare ricorso al Tribunale, per mezzo di un regolare avvocato, contro una ordinanza che ritenevano, udite, udite… INGIUSTA!!

Chi vive a Monfalcone o la considera la propria città di riferimento, fa molta fatica a riconoscere questa realtà, contrabbandata da diverse trasmissioni televisive (di livello perlomeno dubbio), propagandata attraverso i social ed i giornali di tutta Italia ed anche all’estero sulla base delle indicazioni di persone, che sono poche ma che sono in posizione dominante rispetto alla capacità di raggiungere gli organi di informazioni e di ottenerne ascolto.

Certamente, negli ultimi anni c’è stata una grandissima immigrazione, e migliaia di persone sono arrivate dall’Asia, in particolare dal Bangladesh. Sono molto diverse da noi , per aspetto fisico e per cultura, ma è molto difficile ravvisare in queste persone dei ferocissimi e pericolosi pirati, o dei coccodrilli.

E’ una comunità di persone miti, laboriose, pacifiche, che contribuiscono in maniera molto importante alla nostra economia. Non mancano i disagi, dovuti soprattutto al grande impatto che questa moltitudine di persone ha avuto sulle strutture della città, scuole, ospedali, servizi sociali di tutti i generi. Ma questo non è certamente colpa loro, sono stati chiamati qui (importati in maniera del tutto legale, con tutti i permessi necessari) per lavorare in Fincantieri, hanno ottenuto in maniera del tutto legale e legittima il ricongiungimento famigliare, e quindi sono tanti.

Sono tante persone che chiedono di vivere e lavorare. Hanno aperto i loro negozi, vivono la loro comunità.

Si dice che non vogliono integrarsi ma anche questo andrebbe valutato e capito, perché non so quanto ci abbiamo provato. E’ ovvio che essendo stati paracadutati qui tra noi senza un preventivo corso di italiano, senza essere preparati alla accoglienza che avrebbero ricevuto, sconcertati di fronte al rifiuto da parte di diversi elementi della comunità locale ed anche, in parte da alcuni provvedimenti amministrativi, facciano quadrato tra di loro e si rifugino nelle loro tradizioni e nei loro usi e costumi. Magari perché i nostri risultano loro incomprensibili ed a volte ostili.

Bisognerebbe ampliare l’offerta di corsi di italiano, promuovere incontri ed attività per conoscersi reciprocamente.

Prima di arrivare ad una vera ostilità, prima di creare fratture insanabili bisognerebbe provarci.

Per poter volare, diceva Peter Pan, bisogna crederci

Anche se in realtà Peter Pan è una personalità molto diversa di quella descritta nei film della Disney, cito una descrizione di Ludovica Valentino presa da “Culturificio.org” che mi sembra interessante:  “Peter Pan è un bambino senza età, un’entità intrappolata nelle drammatiche conseguenze delle sue stesse decisioni, che reagisce con la passività aggressiva che lo trasforma per sempre nell’archetipo dell’infantilismo, dell’irresponsabilità, della dispatia.
Il personaggio descritto dall’autore è completamente diverso da quello che conosciamo, è problematico, si allontana da chi gli dimostra affetto e si isola in una sfera personale che tende ad escludere qualsiasi legame profondo e reale.
Nel corso del libro più volte dimenticherà con noncuranza il nome dei suoi compagni e sarà presente nel corso delle avventure più per un torna conto personale di divertimento e ricerca di evasione che per un reale interesse nella salvaguardia della vita dei bambini in pericolo.
Chiaro è ovviamente il riferimento alla conflittualità tra le responsabilità della vita adulta e l’innocenza infantile. Peter vive immerso in una realtà dionisiaca che appartiene solo a lui e che contempla solo ed unicamente i suoi interessi.”

Ecco, nella vita è importante sognare, credere, talvolta anche credere nelle fiabe, però magari in quelle a lieto fine, come quella che ci vedrebbe tutti uniti anche con i nostri fratelli di altri continenti.

E stando attenti alla vera personalità di Peter Pan.

Massimo Bulli

 

 

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