Quella destra senza “disciplina e onore” che ogni giorno deraglia dalla Costituzione

Art. 54 della Costituzione Italiana: I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.

Abbiamo letto questo articolo di  Pietro Spataro e ci sembra utile riproporlo sul nostro giornale anche perché ci sono delle tristi assonanze con la realtà locale, soprattutto per quanto riguarda quelli che dovrebbero essere ruoli e comportamenti istituzionali. Ma, come correttamente ricorda l’autore, dovremmo ricondurre il tutto a una cultura politica democratica assente in chi ci governa oggi.

La Redazione

Che la destra fosse allergica agli strumenti e agli istituti della democrazia, questo era chiaro. Diciamo che è sempre stato così, se non altro per il fatto che la cultura politica dei post-fascisti affonda le sue radici nel mito del duce, quindi dell’uomo solo al comando e del motto “credere obbedire combattere”. Sono sempre stati affascinati dall’idea del regime autoritario e hanno mal sopportato la Costituzione democratica che è scaturita dalla lotta partigiana, dalla quale si sono sentiti talmente lontani da evitare persino di nominarla o di ricordarla. Tutto questo lo sapevamo. In qualche modo questo paese ha convissuto per decenni con l’idea che esistesse, fuori dal cosiddetto arco costituzionale, una forza politica che si richiamasse in modo esplicito all’uomo che per un ventennio aveva dominato con il pugno duro, mandando in carcere ed eliminando gli oppositori, partecipando attivamente allo sterminio degli ebrei e conducendo l’Italia in una devastante alleanza con Hitler e poi in una altrettanto devastante guerra mondiale.

Il problema è che quella forza politica, attraverso qualche mutazione esteriore, un anno fa è riuscita ad andare al governo e di conseguenza ha occupato i più importanti ruoli istituzionali. È a quel punto che quella contraddizione tra essere antisistema e allo stesso tempo parte centrale del sistema è esplosa in modo drammatico. Le cronache politiche sono piene di esempi di uomini e donne delle istituzioni che non sanno stare al loro posto, non hanno imparato il galateo democratico, sono sempre sopra le righe. Insomma, non sanno come ci si comporta in un posto dove la sovranità appartiene al popolo e non a una che dice di parlare a nome del popolo.

L’ultimo caso di questa dissonanza politica riguarda il presidente del Senato Ignazio La Russa che, come si sa, è poco adatto ai ruoli super partes essendo profondamente e provocatoriamente uomo di parte. Il nostro, dimenticando di essere la seconda carica dello Stato dopo il presidente della Repubblica, ha pensato bene di prendere di mira il Quirinale lanciando un avvertimento nemmeno troppo velato a Sergio Mattarella. In sostanza, La Russa nel difendere la riforma costituzionale della destra ha sostenuto che i poteri del presidente della Repubblica vanno ridimensionati e a questo serve l’elezione diretta del premier. Ora, queste affermazioni non sono state pronunciate in qualche convegno di esperti da uno qualunque, ma sono state dette durante la cerimonia del ventaglio davanti a tutta la stampa nazionale e internazionale da un signore che è il presidente del Senato e che in questo modo ha tentato di delegittimare il Capo dello Stato. Che si tratti di una minaccia, o che comunque abbia il tono della minaccia, è fuor di dubbio. Come dire: caro Mattarella, statti accorto a come usi i tuoi poteri, noi ti teniamo d’occhio.

Non è cosa normale che ciò accada e non possiamo accontentarci della spiegazione che il focoso onorevole La Russa fatica a contenersi. Se è così non andava messo in quel posto. Da dove, a riprova, ne ha già dette di cotte e di crude, arrivando persino a sostenere che la nostra Costituzione non è antifascista perché quella parola non è scritta in nessun articolo. Senza dimenticare, nell’elenco delle larussate, il busto di Mussolini che fa bella mostra di sé nella sua casa, né la sua indecente pubblica difesa del figlio accusato di aver violentato una ragazza.

Ma il nostro non è il solo a non aver capito che in determinati ruoli ci si deve comportare in un certo modo. Prendete il ministro della Difesa Guido Crosetto, anche lui esponente dello stesso partito di La Russa. Giorni fa, in una intervista al Corriere, aveva accusato i magistrati di voler mettere in atto un complotto per colpire il governo Meloni. E poi alla Camera ha ribadito il concetto senza sentire il bisogno di chiarire chi, dove, quando lo abbia informato su questa pericolosa tentazione. Può un ministro, senza abdicare al proprio ruolo, comportarsi in modo così irresponsabile?

Ma allo stesso modo, per fare un altro esempio, può un sottosegretario alla giustizia rivelare allegramente, nel tentativo di colpire l’opposizione, un segreto d’ufficio, che conosce proprio in virtù del suo ruolo, e vantarsi di averlo fatto e anzi ripetere in modo provocatorio che lo rifarebbe come ha fatto Andrea Delmastro? Dove sono finiti la “disciplina e l’onore” che chi svolge una funzione pubblica ha il dovere di rispettare? E dove è finito il senso del giuramento che chi assume una carica di governo fa davanti al presidente della Repubblica: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione”. Se le funzioni vengono esercitate nell’interesse esclusivo del proprio partito o del proprio leader qualcosa non funziona. Siamo al di fuori del rispetto democratico.

Tuttavia, come meravigliarsi che succeda tutto questo, quando la capa di quel mondo è la prima a comportarsi fuori regola? Dopo un anno Giorgia Meloni non ha ancora imparato a fare la premier. Non ha capito che anche lei deve esercitare la sua funzione con “disciplina e onore” nell’interesse esclusivo della Nazione. Non ha capito che la nostra Costituzione dovrebbe spingere il presidente del consiglio a comportarsi come se fosse il presidente di tutti i cittadini e non solo della parte (peraltro minoritaria) che l’ha votata. No, non lo ha capito. E quindi la sua attività preferita è attaccare l’opposizione, urlare contro chi non è d’accordo con lei, usare toni sprezzanti e aggressivi, dileggiare i leader della minoranza e i rappresentanti dei lavoratori. E lo fa come se fosse ancora la leader di una opposizione dura e pura, come se non abitasse a Palazzo Chigi.

Sono tendenze preoccupanti, espressione di una cultura politica che nulla a che fare con la storia democratica del nostro Paese e che ha come obiettivo la trasformazione dell’assetto istituzionale e la distruzione dello spirito civile che anima la nostra Costituzione antifascista. Dobbiamo essere consapevoli che questo è. La sinistra non si lasci distrarre dagli assurdi e stucchevoli dibattiti su chi deve essere il prossimo federatore. Lasci stare e punti al cuore del problema: fermare al più presto quest’onda nera.

Pietro Spataro

 

 

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