Agosto 1946. Il GMA, che amministrava parte di questo territorio, rendeva noto che un maggiore dell’esercito americano, con moglie e figlio, era stato arrestato dalle truppe jugoslave. Un fatto che suscitò parecchio clamore e portò a un vero e proprio rastrellamento sul nostro Carso. Il maggiore era George Wood, che si era riunito alla propria famiglia a Trieste dopo avere combattuto nel Pacifico del Sud.
Il rastrellamento venne effettuato in un’area che andava da San Giovanni di Duino a Ronchi, Doberdò, Fogliano di Redipuglia e cave di Selz. Le cronache del tempo riportarono che gli americani si muovevano in modo circolare, assediando letteralmente il Carso isontino della zona A. Durante il rastrellamento il maggiore non venne ritrovato, almeno nell’immediato, ma vennero ritrovati diversi depositi di armi e munizioni occultati nel Carso.
Questo episodio venne raccontato anche dalla BBC, ma ridimensionato dopo il rilascio del maggiore rispetto al clamore iniziale che suscitò a livello internazionale. In sostanza, l’americano, con la sua famiglia, stava passeggiando nella zona A, in una zona poco battuta dal GMA, quando venne arrestato da un solo soldato jugoslavo armato di mitra nei pressi di Salcano. Il maggiore, dopo il suo rilascio, fece presente di essere stato trattato in modo ammirevole da parte dei soldati jugoslavi. Una brutta avventura durata 26 ore in una zona di confine ad alta tensione. Pensare che oggi Gorizia e Nova Gorica possano condividere il titolo di capitale europea della cultura dovrebbe far capire l’importanza non solo simbolica ma anche politica di tutto ciò e di cosa significhi effettivamente Europa.
La questione della capitale europea della cultura interessa anche il Monfalconese come territorio che deve cercare di ritagliarsi uno spazio non marginale, ma complementare sia dal punto di vista logistico, che dei contenuti.
In questo momento storico l’Europa si sta preparando concettualmente a ciò che sembrava essere lontano anni luce: a una possibile guerra tra la NATO e la Russia. In Germania si stanno monitorando lo stato dei bunker e prevedendo la costruzione di nuovi rifugi per la cittadinanza tedesca, nei paesi nordici si inizia a informare la popolazione su come comportarsi nelle prime 72 ore in caso di scoppio di un conflitto; mentre noi in Italia non sembriamo al momento essere interessati da questo argomento, pur essendo parte attiva, sia perché ospitiamo delle basi militari americane, come ad Aviano, sia perché facciamo parte della NATO.
La storia ha insegnato poco o nulla all’umanità, perché le guerre continuano a replicarsi come conigli e quella storia che ora raccontiamo, per quanto sembri essere lontana, rischia di essere nuovamente protagonista seppur con attori diversi.
Marco Barone
Foto: Anja Cop