Dell’importanza della conoscenza della nostra lingua tra gli stranieri se ne parla da tanto e in ogni luogo. Non è una questione che riguarda solo Monfalcone, ma una condizione indispensabile in tutte le città dove persone che provengono da paesi diversi convivono stabilmente.
Stabilmente nel senso che non sono turisti in vacanza né gente di passaggio, ma persone che qui si sono stabilite, che qui lavorano, che qui fanno i figli, che qui frequentano negozi, bar, scuole, farmacie, ambulatori specialistici, ospedali, uffici e in generale qualsiasi servizio al cittadino.
Nel nostro piccolo quotidiano, quanto potremmo ritenere importante il fatto che i cittadini stranieri acquisiscano la nostra lingua, a un livello anche elementare ma sufficiente da potersi muovere autonomamente e in sicurezza nella città dove viviamo? Pensiamo al tempo che un impiegato pubblico deve dedicare a un cittadino quando c’è un’incomprensione nella lingua, o agli insegnanti che hanno necessità ma anche piacere di confrontarsi con la famiglia straniera dei propri alunni, o a un vigile che deve garantire l’incolumità ma le sue indicazioni non vengono comprese dalle persone interessate in quella particolare situazione di pericolo, e tanto ancora…
La figura del mediatore culturale è fondamentale; soprattutto nella scuola trova un’applicazione indispensabile a supporto dei ragazzi arrivati da poco in Italia, che necessitano di raggiungere quanto prima il livello di apprendimento degli altri studenti della classe per concludere con profitto il proprio percorso scolastico-educativo.
Ma che in un ospedale si raggiunga all’anno la spesa di quasi 140.000 euro per la mediazione culturale, principalmente per le donne, dovrebbe portarci a riflettere sul fatto che investire sui corsi di italiano per adulti costerebbe decisamente di meno alla comunità, raggiungendo un obiettivo definitivo e indispensabile in tutti gli aspetti della vita sociale di queste persone. Una vita sociale che è anche la nostra: abbiamo tutto l’interesse che questo processo si realizzi.
Per le donne straniere di Monfalcone una delle poche possibilità di apprendere la nostra lingua sono i corsi tenuti con grande senso civico dalle insegnanti volontarie di AMI (Associazione Monfalcone Interetnica). L’associazione continua ad avere ogni anno la lista di attesa delle aspiranti studentesse, perché le richieste superano di gran lunga la disponibilità che può essere offerta da volontari che operano in spazi ridotti e adattati. Perché la volontà di imparare e di migliorare la propria condizione sociale queste donne ce l’hanno. Più volte si è sollecitato il Comune affinché si adoperi nel progetto di insegnamento della lingua italiana, ma finora nessun corso è mai stato organizzato.
Quando come amministratori e come forza politica ci si “vende” come difensori dei diritti delle donne straniere, della loro emancipazione, si dovrebbe dimostrare i “buoni” propositi anche con i fatti. È una questione di coerenza e credibilità.
Michela Monticolo