L’amministrazione comunale di Monfalcone ha deciso di negare l’autorizzazione per la posa della prima pietra d’inciampo in città richiesta dall’Associazione Nazionale Ex Deportati (ANED). Una scelta che suscita indignazione e interrogativi sulla volontà reale di preservare la memoria storica e il rispetto verso le vittime della deportazione nazi-fascista. Ma non solo.
Secondo la risposta ufficiale del Comune, firmata dal Vice Sindaco Reggente Antonio Garritani, Monfalcone avrebbe già dato prova di impegno nel ricordo delle vittime tramite un monumento situato all’ingresso del cimitero comunale. Inoltre, si afferma che ogni anno, in occasione del Giorno della Memoria, viene organizzata una cerimonia commemorativa per rendere omaggio ai deportati e alle vittime dell’Olocausto.
Questo monumento e la cerimonia annuale, pur rilevanti, non giustificano però la scelta di rifiutare un’iniziativa simbolica di grande impatto come la pietra d’inciampo.
La posa di queste targhe, ideate dall’artista Gunter Demnig, rappresenta un atto profondamente personale e insieme collettivo: collocare una pietra d’inciampo davanti alla casa di una vittima significa restituire un nome, un luogo e una storia individuale a chi è stato brutalmente spogliato di tutto dalla violenza ideologica e criminale del nazi-fascismo.
Questo sistema totalitario non solo sterminava le vite umane, ma cercava anche di cancellare la loro memoria e identità, rendendo tanto più necessario, oggi, l’impegno concreto del ricordarle, poiché la memoria non è un concetto astratto ma un mosaico di esistenze, e ogni pietra d’inciampo ne è un tassello prezioso che ci invita a riflettere sui pericoli dell’intolleranza e dell’odio.
Il diniego del Comune rivela però un approccio che non solo appare burocratico e distaccato, ma che si manifesta anche come profondamente ideologico.
Il fatto che il Vice Sindaco Reggente, Antonio Garritani, appartenga a Fratelli d’Italia non è un dettaglio insignificante, poiché getta una luce particolare su questa decisione. La scelta di negare una pietra d’inciampo si pone infatti in netto contrasto con l’altrettanto ideologica, ma opposta, decisione di intitolare un luogo pubblico a Norma Cossetto, figura che (parallelamente, secondo il pensiero del Vice Sindaco) dovrebbe essere ricompresa nelle commemorazioni del Giorno del Ricordo.
Per quest’ultima, invece, l’amministrazione ha dimostrato una sorprendente disponibilità, adottando criteri del tutto differenti e confermando così un trattamento asimmetrico delle memorie storiche.
Questo doppio standard evidenzia come le scelte attuate non siano guidate da una volontà sincera di onorare la memoria, ma da precise inclinazioni ideologiche, che finiscono per svilire la funzione stessa del ricordo.
Inoltre, la risposta ufficiale non tiene conto della specificità del progetto delle pietre d’inciampo, che si concentra in modo particolare sulle vittime dell’Olocausto, un tema che merita una sensibilità e un’attenzione uniche.
Queste targhe, poste nei luoghi di vita delle vittime, diventano un elemento visibile e costante del paesaggio urbano, invitando chiunque vi passi accanto a fermarsi e riflettere. Ogni pietra d’inciampo racchiude una storia personale che interpella chi la osserva, trasformando un momento quotidiano in un’occasione di introspezione. Questo atto non solo preserva la memoria collettiva, ma stimola anche un’analisi individuale, rendendo il ricordo un’esperienza intima e pubblica al tempo stesso.
Sostenere che un unico monumento possa rappresentare adeguatamente tutte le vittime rischia di appiattire e uniformare la complessità della memoria storica, anziché di valorizzarla.
Dobbiamo anche notare come questa decisione, tutta monfalconese, strida con l’esempio di molte altre città italiane (e non solo) che, abbracciando il progetto delle pietre d’inciampo, hanno dimostrato apertura e consapevolezza storica. Ogni pietra, in ogni strada del mondo, è infatti un segnale tangibile di come la memoria possa essere resa accessibile a tutti, anche a chi, passando per caso, inciampa in una storia, contemporaneamente personale e simbolica, individuale e generale, che rischierebbe di essere dimenticata.
Il rifiuto dell’amministrazione comunale è un atto che non solo nega un diritto all’Associazione Nazionale Ex Deportati, ma tradisce anche il dovere morale di preservare la memoria individuale e collettiva delle vittime. Monfalcone, con il suo alto tributo umano durante la Seconda Guerra Mondiale, merita di essere un esempio positivo di sensibilità e impegno verso la memoria storica, non certamente un simbolo di negazione.
Ci auguriamo che questa scelta possa essere rivista e che la Città di Monfalcone si unisca presto alle tante comunità che, con la posa delle pietre d’inciampo, hanno dimostrato che la memoria non è mai troppa e che ricordare è un dovere verso le generazioni future.
Davide Strukelj
Progressisti per Monfalcone