Monfalcone: cosa ci hanno lasciato

 

Il ritmo della discussione politica a Monfalcone ha subito una brusca accelerazione in seguito all’esito delle recenti elezioni europee.

Sappiamo però che, ragionare pressati dalla velocità e condizionati dalla fretta, può indurre in grossolane semplificazioni e qualche volta produce errori.

Proviamo allora a fermare il tempo per cercare di ricomporre una fotografia ragionata della situazione.

Monfalcone ha subito una pericolosa deriva, causata dalla campagna elettorale di chi è stato disposto a qualsiasi compromesso pur di guadagnarsi le preferenze necessarie; questo è un dato di fatto conclamato.

Le responsabilità delle tensioni sociali cittadine sono dunque chiare, cristalline.

Ma è altrettanto vero che un processo di tale portata e spregiudicatezza non si completa per l’agire di un singolo individuo, e infatti la corresponsabilità della situazione attuale deve ricadere anche su quelle formazioni politiche che hanno sostenuto questo scellerato progetto, e dunque sulle persone che ne fanno parte.

Di questo dobbiamo e dovremo tenere conto: chi ha accettato e condiviso la politica della tensione sociale messa in pratica a Monfalcone dovrà assumersene la responsabilità, e per questa deriva sociale dovrà essere ricordato.

Di conseguenza, a nulla valgono le bislacche promesse di garantita continuità politica di chi ha scelto di abbandonare la città, tradendo il mandato fiduciario che i cittadini avevamo conferito con il voto del ’22.

Le millantate “pro-sindacature”, i sindaci marionetta, i consiglieri telecomandati e gli assessorati con deleghe autoassegnate sono solo fumo negli occhi.

Sappiamo benissimo che appetiti, personalismi, aspirazioni politiche e il potere che ne deriva scioglieranno, come neve al sole, ogni promessa di tele-comando amministrativo.

E, d’altro canto, se una persona avesse così tanto a cuore le sorti della sua città, rimarrebbe ad amministrarla, come aveva promesso, senza cercare comode poltrone altrove.

Gli smarriti “politici” della maggioranza al governo della città, rimasti orfani del Messia che li aveva folgorati sulla via di Panzano, dovranno adesso darsi un qualche tono.

Dovranno spiegare al loro elettorato se davvero vogliono fare i burattini di un potere etero-gestito, o se invece hanno costruito un progetto politico alternativo, mentre assistevano compiacenti alla cavalcata che ha portato la loro leader a godersi lussuose remunerazioni per un incarico modesto (ovvero l’inutile ruolo di opposizione sovranista e salviniana).

Eppure, va detto, ci siamo fin troppo abituati, sia a livello locale che nazionale, ai politici (vecchi e nuovi) che prima chiedono il voto per uno specifico incarico elettivo e subito dopo utilizzano la visibilità ottenuta per costruire carriere e rincorrere altre poltrone, di fatto tradendo l’elettorato al quale avevano promesso impegno e serietà.

Nel frattempo, la nostra cittadina langue per le tensioni sociali che la percorrono, tutte centrate sull’islamofobia instillata dalla pseudo-paladina delle radici giudaico-cristiane dell’Europa unita.

Ed è indubbiamente apprezzabile che le religioni, i fedeli e i loro rappresentanti locali si adoperino per ripacificare gli animi dei monfalconesi, ma su questo fatto bisogna spendere due parole, per chiarezza.

Lo dico in estrema sintesi: in città non c’è alcuna tensione religiosa.

Non ci sono guerre sante, non ci sono processi di islamizzazione, nessuna manifestazione di intolleranza violenta o repressiva. Nulla.

Le uniche tensioni sono quelle impresse dalla (ex)-Sindaco per via amministrativa contro i mussulmani.

Il resto della popolazione professa la sua fede (chi ne ha una), tollera, osserva e spesso sostiene i diritti di chi prega in un modo differente dal suo.

Solo una sparuta minoranza di creduloni diffida del suo prossimo, un po’ per ignoranza, un po’ per la paura che gli è stata “somministrata” in dosi sempre crescenti.

Quale è dunque il tema cittadino?

Il tema è che l’argomento religioso è stato utilizzato, in modo alquanto grezzo, per fini di propaganda e in conseguenza al fatto che chi governa non è in grado di gestire il processo migratorio che ha interessato la nostra città.

Questo è il punto.  Ovvero, tradotto e in estrema sintesi:

A Monfalcone esiste un problema sociale? Sì.

Il problema sociale è di carattere religioso? No.

Questa è la sintesi.

Chiunque traduca questa verità con altre parole mente.

Cosa ci resta da fare?

Ebbene, è presto detto: al bando i personalismi; il lavoro che ci aspetta è duro e necessita di competenze. Monfalcone non ha più “spazio sociale” e sopportazione disponibili per assorbire malcelati individualismi e desideri di carriera politica; ora servono preparazione e conoscenza, tutto lavoro poco appariscente e molto faticoso.

È finito il tempo dei like sui social e della propaganda a ogni costo; è invece giunto il tempo della serietà.

Tutto il resto è solo fuffa mediatica.

Fuffa di cui avremmo dovuto capire l’inconsistenza già da tempo.

Davide Strukelj

 

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