Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera aperta di Davide Strukelj, Consigliere dei Progressisti per Monfalcone, alla Sindaco Anna Maria Cisint
Gentile Sindaco,
leggiamo con cadenze ormai quotidiane i suoi accorati appelli a “fare qualcosa” per fermare prima il flusso di stranieri, poi la delocalizzazione al contrario, di seguito i ricongiungimenti famigliari o ora, da ultimo, l’islamizzazione.
Questa progressione di argomenti, sappiamo, è solo la misura dei suoi insuccessi, delle sue incertezze e del costante tentativo di attirare attenzione e consenso, sviando l’opinione pubblica dalla scarsa concretezza del suo operato (in evidente contrasto col profluvio di annunci e progetti declamati con regolare cadenza; ne dirò meglio in seguito).
È infatti sotto gli occhi di tutti che il famoso “basta stranieri” della campagna elettorale di 7 anni fa è franato dinnanzi all’evidenza dei fatti, visto che la percentuale di immigrati è raddoppiata durante i suoi mandati amministrativi.
È altrettanto evidente che gli innumerevoli tavoli battuti dai pugni e condotti con la schiena dritta (per dirla con le metafore tipiche della sua comunicazione) non hanno sortito alcun effetto sul consolidato sistema produttivo del cantiere navale; come è conclamato che i mille tavolini consumati ufficiosamente con tutti i suoi compagni di partito non hanno mosso un solo granello di sabbia rispetto a questo argomento… Forse, mi viene da domandare, si è bussato alle porte sbagliate? O forse non si è voluto bussare a quelle giuste? Chissà…
Anche la da poco iniziata battaglia per la legge sui ricongiungimenti famigliari pare destinata a tramontare nel nulla, nonostante i declamati rapporti con i vertici regionali e nazionali. A proposito, la nota Legge regionale numero 9 del 3 marzo 2023 (leggasi duemila e ventitré…), recante norme per un “Sistema integrato di interventi in materia di immigrazione”, è stata votata dalla sua maggioranza con lo scopo dichiarato di “promuovere in ogni settore della società il pieno rispetto delle norme che regolano la civile convivenza”; “rafforzare la coesione sociale locale sulla base dei principi costituzionali, al fine di garantire il rispetto dei diritti di ciascuno e l’adempimento dei doveri individuali e collettivi” e “sviluppare azioni positive per contrastare l’illegalità” … mi pare che il messaggio che ci arriva dalla Giunta Fedriga sia piuttosto chiaro, e non esattamente sovrapponibile al suo pensiero.
Siamo così arrivati all’islamizzazione degli ultimi giorni: ed ecco che il nuovo mantra è servito al tavolo dei sostenitori più intransigenti, lo zoccolo duro. Circa questo ultimo sviluppo della sua narrativa, devo dirle che leggo i recenti post che ha voluto affidare ai social con grande preoccupazione, né mi pare saggio, come ha fatto in questi giorni, sfruttare le recenti vicende mediorientali per scaldare gli animi dei “semplici”, considerato che quelle dinamiche fondano le loro radici in complessità che nulla hanno a che vedere con la nostra comunità.
Ma se questa è la premessa, la vera preoccupazione che sovviene riguarda il presente e il futuro della nostra città.
Si diceva della poca efficacia dell’azione amministrativa, e so che qualcuno su questo punto mostrerà sorpresa. Ebbene è proprio così perché, se togliamo la componente “straordinaria”, ci resta ben poco, davvero poco. Di cosa parlo? Beh, parlo di due cose. La prima riguarda l’enorme mole di finanza che è arrivata sul territorio negli ultimi anni, e senza la quale quasi nulla di ciò che è in cantiere sarebbe stato possibile. Questo, mi si permetta, non è un successo politico locale, a meno che non ci si voglia intestare i meriti del superamento dei vincoli di stabilità interna, di ciò che il Covid ha comportato e del successivo PNRR. La seconda riguarda la consolidata prassi di intestarsi meriti di cui non si ha alcuna paternità, come ad esempio lo sviluppo del porto, piuttosto che la costruzione di grandi navi o l’insediamento di nuove aziende (che sappiamo, o almeno sa chi se ne è occupato, decidono sulla base di precise valutazioni di carattere strategico ed economico).
Ecco allora che appare evidente come il suo elettorato debba essere “scaldato” con continuità, senza sconti; d’altro canto le elezioni europee sono vicine e, considerato il sistema proporzionale che le regola, la conta sarà impietosa… e le opportunità di carriera pure.
Ma tutto questo, ammetto, importa poco, arrivati a questo punto.
Quello che importa veramente sono i cocci che resteranno sul pavimento dopo che l’attuale trambusto sarà passato. Perché è evidente che questo mal gestito periodo lascerà delle cicatrici nella nostra società.
La mia (e non solo mia) paura è che la misura sia colma, o che manchi davvero poco. Radicalizzare le posizioni, additare una comunità numericamente così importante ed eterogena come colpevole di ogni male, accusare un terzo degli abitanti di Monfalcone di voler colonizzare la città e di voler cancellare la “nostra cultura” e la “nostra identità” (cit.) mi pare un comportamento gravemente irresponsabile. E se chi si rende colpevole di questo comportamento è il Sindaco, da poco “responsabile” per gli Enti locali del suo partito, allora la cosa mi pare davvero paradossale.
Desista Signora Sindaco, desista.
Se la vera preoccupazione sono “la civile convivenza” e “la coesione sociale locale sulla base dei principi costituzionali”, come ha legiferato la nostra Regione, desista da questo percorso di radicalizzazione e di scontro. Percorra la via del dialogo, del confronto, del ragionamento e non quella del diniego, della colpevolizzazione e della distanza.
Ne va del futuro della nostra città e della qualità di vita dei suoi cittadini… che, come noto, sono tutte le persone che ci abitano, e non solo quelle a Lei vicine.
È così che si vinceranno le battaglie per la civiltà, l’integrazione e l’equità.
È così che si conquisterà la parità dei diritti per tutti e per tutte, non con i divieti, ed è così che i nostri figli, tutti i nostri figli, potranno avere un futuro migliore senza doverlo cercare altrove.
Desista, finché c’è modo di riportare la convivenza sulla via del dialogo.
Cordialmente,
Davide Strukelj