Ladri di biciclette


Ha destato sconcerto in città l’episodio che ha visto qualche giorno fa la Polizia esplodere dei colpi in aria per fermare un ladro di biciclette.

Questa persona, a quanto pare, stava portandosi via ben due biciclette, quella sulla quale pedalava e un’altra trascinata per il manubrio.

Sorpreso dagli agenti, avrebbe spintonato uno dei due dandosi poi alla fuga.
Il poliziotto aggredito avrebbe esploso un colpo di pistola in aria a scopo intimidatorio, l’altro è riuscito a placcarlo. Sembra una commedia d’altri tempi, che ci rimanda al titolo del film di Vittorio de Sica del 1948 ambientato nella Roma del dopoguerra, quando una bicicletta era un capitale che poteva significare moltissimo per una famiglia.

Un’altra notizia di questi giorni, evidenziata soprattutto da alcuni organi di informazione molto vicini all’Amministrazione comunale, è stata quella della protesta di alcuni residenti in via Duca d’Aosta, nei pressi del Centro culturale islamico Darus Salaam, causata dalle numerose biciclette parcheggiate all’esterno, alcune delle quali su stalli destinati alle auto (orrore!) Altre sembra addirittura a ostruire l’entrata dei garage dei residenti.
Questa notizia è stata molto amplificata dal Palazzo cittadino, con commenti del tipo “Centri islamici: parcheggi selvaggi di bici davanti il centro islamico di via Duca D’Aosta? Impossibile convivere con situazioni abnormi come quelle che osserviamo ogni giorno anche in via Primo Maggio” e poi “È una battaglia che deve essere portata avanti per non venire fagocitati da un’arroganza che non riconosce come elementi di integrazione la nostra lingua, le nostre tradizioni, la nostra cultura che sono l’essenza del nostro essere.
Ci battiamo per garantire il nostro futuro e la conservazione dei nostri usi e costumi, ora gravemente minacciati da una cultura che non riconosce appieno il ruolo delle donne e molti dei nostri valori”. Per delle biciclette parcheggiate male? I nostri valori? Situazioni abnormi? Ci battiamo per il nostro futuro? Fagocitati da un’arroganza? Sembra davvero che si sia perso il senso della misura, ma in realtà appare evidente che ogni scusa sembra buona per attaccare la comunità islamica. E dal momento che non esistono motivazioni reali per questo, è chiaro che si tratta di attacchi strumentali ai fini della propaganda politica.
Ma torniamo all’unica cosa in comune di questi due episodi, e cioè le biciclette. Le biciclette che in entrambi i casi non hanno il significato di mobilità sostenibile, di coscienza “green”, di orientamento salutista, ma che rappresentano in entrambi i casi un certo livello di povertà. Nel primo un immigrato del centro Europa avrebbe tentato di rubare delle biciclette, si suppone per rivenderle e trarne un piccolo ricavo, e difficilmente uno va a compiere furtarelli se dispone di un lavoro o di un sostegno familiare. Nel secondo le biciclette sono l’unico mezzo di trasporto di persone che si recano a pregare. Non sono mica come noi, che in via Duca d’Aosta ci parcheggiamo in doppia fila i SUV e che, pur avendo luoghi ampi e confortevoli per pregare, a pregare non ci andiamo più.
Queste biciclette rivelano l’esistenza di gente povera, che molte volte viene accusata di comportamenti che non derivano dalla loro volontà ma dalla loro condizione economica. La nostra opulenta società occidentale importa in gran massa persone dai Paesi più poveri per avere manodopera a basso costo, ricattabile, da sfruttare due volte, prima nel lavoro poi strangolandoli con gli affitti o vendendo loro a caro prezzo immobili nei quali noi non abiteremmo mai. E se il lavoro lo perdono, li lasciamo soli.

Ci sta bene la ricchezza che creano, e che è funzionale a mantenere il nostro stile di vita, ma ci dà fastidio il loro odore. O la loro bicicletta parcheggiata sotto casa. Questa è la civiltà della quale stiamo difendendo i valori?

Massimo Bulli

Torna in alto