Si è molto parlato su queste pagine della narrazione che viene fatta da parte di certa politica, ma è importante parlare anche della comunicazione, ovvero del modo nel quale questa narrazione viene raccontata. E qui non possiamo che constatare come anche Monfalcone non sfugga al generale degrado della comunicazione politica.
La scena politica monfalconese è permeata di esempi di comunicazione urlata, aggressiva, spesso irrispettosa quando non addirittura offensiva. Predominano la divisione e il conflitto, si combatte contro gli immigrati rendendo impossibile una coesistenza pacifica.
Ma si usa un linguaggio becero anche nel confronto politico, dove non ci sono avversari ma solo nemici. Senza nessuna etica, si aggredisce l’avversario politico con argomenti che cercano di svilire non ciò che rappresenta ma quello che è, con parole sprezzanti per il suo aspetto fisico, non chiamandolo per nome ma definendolo “quello di” e indicando il suo luogo di provenienza, anche se lo stesso candidato sindaco della coalizione uscente non è originario di Monfalcone ma di un’altra regione.
Lo stesso si permette di rifiutare un confronto con il candidato Moretti perché non ne sarebbe degno: nella sua veste di consigliere regionale, infatti, si sarebbe opposto all’erogazione di alcuni fondi a favore di Monfalcone perché, a detta di Fasan, “non amerebbe Monfalcone”. Come a dire che, se a una persona non viene concesso un prestito in banca, si tratta non di una valutazione professionale ma di una offesa personale. Inoltre, non si sarebbe presentato alle inaugurazioni negli ultimi anni e avrebbe stretto un accordo con la lista di Konate.
Patetici pretesti. È chiaro che, se il candidato del centrosinistra avesse veramente tante pecche e il candidato della coalizione uscente fosse tanto superiore, un confronto non potrebbe che rivelarsi una disfatta per il candidato sfidante e una vittoria schiacciante per l’amministrazione uscente.
Questo evidenzia che nella comunicazione di destra c’è una grande mancanza di rispetto non solo per il candidato del centrosinistra ma anche per chi lo sostiene: non li si considera avversari ma persone da disprezzare. Di questo bisognerà tenere conto se un domani questa persona dovesse divenire il sindaco di tutti. Non solo si mette contro l’intera comunità degli immigrati, un terzo della popolazione, ma anche contro tutti coloro i quali non la pensano come lui.
Infine, non dimentichiamo che evitare questo incontro va contro gli interessi anche dei propri sostenitori, che magari avrebbero apprezzato vedere il proprio candidato confrontarsi e vincere contro un avversario. Ma tant’è, questo tipo di comunicazione, al di là della narrazione, non tiene conto di valori come il rispetto e il confronto dialettico. C’è solo lo scontro, la guerra. Ma dopo la guerra, chiunque la vinca, rimangono solo rovine. Rimangono le ferite, rimane la rabbia, rimane una società spaccata. Rimangono solo le macerie.
Massimo Bulli