Il Consiglio di Stato impone all’Amministrazione Comunale di trovare un luogo adatto alla preghiera musulmana

Il tempo della propaganda a tutti i costi è finito, lo sancisce il Consiglio di Stato.
Ora qualcuno non potrà più dire “ho chiuso due moschee”, anche se in realtà si trattava di centri culturali adibiti anche alla preghiera, ma dovrà dire “durante il mio mandato, a Monfalcone, ho aperto una moschea”.

Infatti la sentenza emessa dal Consiglio di Stato, pur confermando i profili di sicurezza e ordine pubblico, sottolinea con fermezza la necessità di garantire il diritto fondamentale di culto. E così, in una chiara indicazione di un cambiamento di rotta, l’Amministrazione comunale monfalconese è stata incaricata di individuare, in collaborazione con la comunità islamica locale, soluzioni alternative che permettano la pratica religiosa in luoghi adeguati, accessibili e dignitosi.

Questo sviluppo non solo mette in luce l’importanza di un dialogo costruttivo tra le Istituzioni e le comunità religiose ma sancisce anche il fondamento, per l’Amministrazione comunale, di adoperarsi fattivamente per il soddisfacimento dei bisogni dei suoi cittadini, promuovendo l’integrazione e il rispetto reciproco tra persone di diverse fedi e culture.

Il cammino indicato, dunque, segna un momento cruciale per la città di Monfalcone, che ora ha l’occasione di diventare un esempio di come le comunità possono lavorare insieme per garantire i diritti fondamentali e costruire una società più giusta e unita. La creazione di un luogo di preghiera islamico non sarà solo un traguardo per la comunità mussulmana ma dovrà costituire la prova provata che una cittadina intera non può essere ostaggio dei desideri propagandistici di una persona, ma deve essere un luogo di civiltà e inclusione, nel rispetto di tutte le regole e delle Leggi vigenti.

Sette giorni, sette soli giorni per trovare una soluzione e aprire un luogo di preghiera, ovvero una moschea: “il luogo di culto della religione islamica”, come recita l’enciclopedia Treccani.

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