Fiumi di parole

 

“Sx e 5 S (regione) mi stanno aggradendo e c’è chi tar loro che addirittura mi invita ad andar via dall’Italia perché chiedo decoro e rispetto!”

Ho letto e riletto il post di questa signora diverse volte, perché credo sia giusto cercare di capire chi la pensa in modo diverso.

La cosa che colpisce non è tanto la scrittura sgrammaticata, frutto, sperabilmente, della fretta di apparire, di essere presente, anche se una persona che continua a ripetere di essere laureata, di essere un dirigente e di non essere “una buzzurra” (cit.), forse dovrebbe scrivere un po’ meglio, diciamo almeno a quel livello che è richiesto per superare le scuole primarie.

(Inciso: mi permetto questa considerazione solo perché la signora di cui parliamo mi ha rimproverato, come riportato dal quotidiano locale, che non sono capace di “fare i conti di prima elementare”… Vabbè, ognuno misura gli altri col suo braccio, lo sappiamo).

Della lettura di cui dicevo, la cosa che turba è questa compulsività incontenibile.

Annunciare. Raccontare. Intervenire. Sempre, costantemente, senza soluzione di continuità. Su quale argomento? Non ha importanza. Con quale timbro? Ininfluente. Per dire cosa? Boh… Qualcosa, basta ripetere la litania di sempre: io ho fatto, io sono brava, io lavoro 25 ore al giorno, io ascolto i cittadini, io ho preso un sacco di voti, io so, io vedo, io provvedo… Insomma una forma egoica che meraviglia, che sorprende, al limite del prurito e del fastidio.

Ma andiamo per gradi.

Circa il consenso, la prima cosa da dire è che la signora ha vinto le elezioni raccogliendo più di 7.000 preferenze. Un numero sbandierato ad ogni occasione, in particolare come percentuale sui votanti, il 72%, che è un bel numero (al limite del preoccupante in una democrazia compiuta…) ma che manca di precisare il denominatore, cioè i votanti totali, arrivati ad un minimo storico. Solo per avere un termine di paragone sui valori assoluti, ricordiamo che Pizzolitto ne raccolse oltre 9000 alla seconda elezione… Ma non ci risultano reiterati atteggiamenti da “unto dai cittadini”. Dunque, la dottrina del mandato “per volere di Dio e del popolo” sarebbe da circoscrivere a un più realistico “tra i sempre meno votanti, sono stata la più votata”. Dal punto di vista del risultato finale non cambia nulla, dal punto di vista del modus sì, e parecchio.

La stridente applicazione della sbandierata investitura plebiscitaria si manifesta in modo compulsivo, quotidiano, secondo due binari ben precisi.

Il primo è l’annuncite (neologismo derivante da annuncio). Si tratta del desiderio (e della strategia) di occupare ogni canale informativo: sia lecito o meno, etico o meno, opportuno o meno, l’importante è invadere massivamente l’informazione. E allora via a dirette social (comprensive della presenza cooptata di figuranti…), annunci a mezzo stampa, progetti faraonici, scadenze (spesso autolesioniste), celebrazioni (possibilmente identitarie), intitolazione d’ogni cosa intitolabile… insomma ogni scusa è buona per apparire. Che poi quanto annunciato venga smentito, dimenticato o riproposto con altre tempistiche, non ha importanza: la memoria del popolo sovrano è breve.

Il secondo è l’altoparlantite (neologismo derivante da altoparlante), ovvero la premessa che rende lecito e autorevole ogni intervento: “molti cittadini mi segnalano…” (sottointeso: questa è la vox populi, il volere del popolo sovrano che vede in me l’unica vera opportunità di agire nel proprio interesse).

Con questa premessa cominciano spesso le dirette che preannunciano strabilianti iniziative. “Molti cittadini mi segnalano”… ragazzi che giocano a pallone: e allora chiudiamo i campetti; persone sedute in piazza: togliamo le panchine; giovani che si incontrano nelle piazzette: mettiamo i cancelli; gente che fa il bagno vestita: faremo un’ordinanza; macchine che corrono in via tal dei tali: mettiamo una zona 30… L’elenco è interminabile.

Ulteriore caratteristica comunicativa è l’autoincensamento, una tendenza già di per sé poco edificante, che in alcuni contesti diventa una sorta di funzione oracolare auto-attribuita. Capita così, p.es., di sentire premesse del tipo: “ho ascoltato Tizio e Caio che dicevano” bla bla bla, “ma ora vi spiego io come stanno veramente le cose”. Insomma, il cosiddetto ruolo della maestrina che tanto piace a chi sa di non esserlo.

Altro ingrediente atto a rinforzare messaggi, esaltare il proprio operato e svilire l’altrui, sono i numeri. E sì, “perché io sono un tecnico” e quindi, se vi dico 1.000 è proprio certificato che sono 1.000, chiaro a tutti!?! Peccato che poi, alla verifica dei fatti, quei 1.000 magari siano 800 o, magari, che prima del miracoloso intervento fossero 1.200. Fa niente, nel frattempo “la gente” ha saputo che sono 1.000… Poi dimenticheranno.

Ultimo tocco di magia, l’alone della persecuzione in salsa “difensore civico”, ovvero: “siccome faccio il bene dei cittadini (tutti, in tutto l’Isontino e anche di quelli che non mi votano) allora i poteri forti, le teocrazie mediorientali e ‘quei-de-prima’ mi attaccano in ogni modo”. È paradossale: proprio colei che distribuisce reprimende a destra e a manca, comprensive di valutazioni poco lusinghiere sulle capacità personali o sulla formazione dei suoi contendenti, proprio lei, si lamenta delle critiche altrui…

Ora, dello stile di ogni persona, alla fine, la responsabilità è solo del diretto interessato.

Il problema vero è che un sindaco dovrebbe rappresentare la città e i cittadini tutti. Il tema è che finita la campagna elettorale (ma è davvero finita?) il sindaco insediato dovrebbe lavorare per la coesione, lo sviluppo e il benessere di tutti. Insomma, sarebbe il vecchio bilanciamento tra i desideri del popolo e il parere degli esperti; semplificando, esiste una differenza tra i desideri espressi coi “whatsappini al Sindaco” e il lavoro serio e ordinato delle competenze. Perché è vero che bisogna ascoltare le persone, ma bisogna ascoltarle tutte, e non solo chi fa comodo, e qualche volta i desideri dei cittadini non coincidono esattamente con la “cosa più giusta da fare”.

Circa poi il parere dei più esperti, bisogna essere estremamente chiari: chiedere a dei tecnici di confermare un’opinione con incarichi ben remunerati non significa cercare la migliore soluzione. Significa solo accumulare prove a proprio vantaggio usando i soldi di tutti, anche di quelli che la pensano diversamente ma che non possono disporre dei denari del Comune per produrre elaborati, rendering e consulenze…

In conclusione, prendiamo per acquisito il pacchetto di voti conseguiti, assumiamo pure che la pensiamo in modo diverso, accettiamo che esista un proselitismo da desiderio sfrenato di leadership… Il concetto finale è che questa forma di governo ci dà molte preoccupazioni. Il suo manifestarsi è alquanto arrogante, anche se profumato di investitura popolare, e il percorso che abbiamo intrapreso ha il sapore di tensioni sociali, di disagio e di attriti che non promettono nulla di buono.

Questi sette anni non hanno risolto nessuno dei problemi della città, pur potendo contare su risorse economiche e congiunture politiche mai viste prima.

E se potremmo accettare (a malincuore) un risultato nullo, non possiamo davvero pensare che dopo 10 anni ci ritroveremo con una città peggiore, chiusa, divisa e arrabbiata come non è mai stata prima nella sua storia.

Ogni patologia ha un suo decorso.

Noi confidiamo nella guarigione completa e nella remissione dei sintomi… Ma non sarà un decorso facile e, temiamo, alla fine ci resterà qualche profonda cicatrice da rimarginare.

Noi faremo quanto possibile.

Lo facciamo ora, per quel che riusciamo, e lo faremo domani. Ma dovremo farlo insieme.

Davide Strukelj

 

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