Supponiamo (così solo per fare un’ipotesi, eh…) che un comune voglia affidare a una emittente televisiva il servizio di promozione degli eventi che pensa di organizzare per il prossimo triennio, diciamo per esempio per il triennio 2023-2024-2025.
Vi pare una stranezza? Vabbè, si usa.
Dicevamo… ipotizziamo che lo voglia fare. Per prima cosa dovrà determinare un valore dell’appalto, così da definirne la procedura.
Diciamo che nel nostro caso il comune sia piuttosto piccolo, tanto che questo servizio viene valutato in 39.000 euro totali oltre a IVA… no certo, non è un caso, è solo che così si rimane sotto una certa soglia.
Detto questo si deve pubblicare un avviso pubblico per raccogliere le manifestazioni di interesse a partecipare alla “gara”, che in realtà sarà una procedura semplificata. In poche parole si tratta di un affidamento nel quale l’appaltante (il comune, nel nostro caso) dovrebbe verificare la congruità dell’offerta (ad esempio confrontando più preventivi) e applicare il principio di rotazione (per evitare che gli appalti vengano affidati sempre agli stessi operatori).
Di seguito il comune procederà all’affidamento e, trattandosi di un accordo quadro (no, non è un caso neanche questo…), comune e vincitore potranno poi definire delle variazioni, anche di carattere sostanziale.
Bene. Naturalmente l’avviso prevede alcune clausole. Per esempio, ipotizziamo, la capacità tecnica dei partecipanti (ovviamente) ma anche una serie di impegni, come per esempio la copertura di alcune manifestazioni pubbliche e la realizzazione di specifiche attività promozionali come dirette tv e social, spot, banner pubblicitari ed altro.
Fin qui, direte voi, tutto abbastanza banale. Bene, ora veniamo al dunque.
Immaginiamo che sul mercato ci siano 3 aziende potenzialmente interessate, che chiameremo A, B e C e che tutte e tre abbiano le caratteristiche tecniche e la comprovata esperienza, ma… ma ecco che arriva il colpo di scena.
Eh sì, perché nell’avviso di gara viene espressamente richiesto che tra le varie attività da svolgere obbligatoriamente ci siano anche “spot dedicati e banner pubblicitari sul sito di ”una specifica emittente“ e sulle relative pagine social”.
Avete capito? Chiunque dovesse vincere l’affidamento dovrà pagare una emittente, predefinita dal comune nell’avviso di gara, per ospitare spot e banner… al prezzo che questa emittente deciderà, ovviamente, perché si tratterà di una normale negoziazione commerciale tra aziende private.
Ora supponiamo che anche questa mitica emittente individuata dal comune, facciamo per ipotesi che sia l’azienda A, partecipi effettivamente alla gara e che nella sua normale prassi commerciale venda a terzi gli spazi richiesti dall’avviso del comune a, diciamo, 10.000 euro. La domanda è: secondo voi, chi potrà formulare la migliore offerta economica? L’azienda A, che non dovrà pagare i suoi stessi spazi pubblicitari, o le aziende B e C che dovranno obbligatoriamente acquistarli dall’azienda A?
Non avete indovinato?
Ve lo diciamo noi: proprio l’azienda A, che infatti vince la gara.
Ma poi, e qui viene il bello, il nostro comune (immaginario), una volta assegnato l’appalto, viene messo sotto pressione da una serie di richieste di chiarimenti e cosa fa? Ebbene sì, sostituisce l’avviso di gara pubblicato sul proprio sito con un avviso tutto nuovo, dal quale però è sparita la clausola incriminata!
Problema risolto: les jeux sont faits … E così vissero (quasi) tutti felici e contenti.