A qualche settimana dal voto non se ne può proprio più della campagna elettorale dell’amministrazione uscente e del suo chiodo fisso: alimentare la discordia tra i cittadini proponendo costantemente un “pericolo islamizzazione” che non si capisce, nella pratica, a cosa faccia riferimento. Un mantra ipnotico composto da una piccola serie di vocaboli, mai contestualizzati, che si ripetono: i nostri valori, le nostre leggi, le nostre regole.
Valori, leggi, regole, valori, leggi, regole…
Pare che Monfalcone sia un luogo che non ha nulla da spartire con le realtà cittadine vicine e lontane.
Un luogo fuori dal tempo e fuori dal resto della nazione. I valori sono solo di Monfalcone, le leggi sono solo di Monfalcone, le regole sono solo di Monfalcone.
Senza essere esperti di comunicazione di massa, si riconosce chiaramente una strategia propagandistica a cui, in realtà, non può credere nessuno dotato di un minimo di ragionevolezza. Le motivazioni sono altre.
Dopo le promesse fatte nel lontano 2016 dall’allora candidata sindaca Cisint sul suo intransigente impegno “firmato con il sangue” affinché altri stranieri non sarebbero più arrivati in città, e considerato invece che, numeri alla mano, sono aumentati di almeno un terzo durante la reggenza Cisint, non restava altro da fare se non continuare questa ormai finta battaglia infierendo su qualsiasi aspetto dell’esistenza di queste persone. E tutte le volte si sollevava una questione che si “vendeva” come insormontabile, inaudita e inaccettabile.
In realtà, anche se la questione della vivibilità all’interno di una organizzazione cittadina si sarebbe potuta risolvere con poco, mai quel poco è stato contemplato dall’amministrazione. Le famose rastrelliere per le biciclette mai posizionate sono un esempio, ma intanto i vigili rimuovevano e sequestravano le bici parcheggiate in città a detta loro “illegalmente”. Trovare una soluzione ragionevole e civile avrebbe posto fine alla strategia vessatoria, avrebbe fatto “crollare il palco” così minuziosamente costruito da anni per nascondere un fallimento. Della serie “non siamo riusciti a fermarli nella loro stabilizzazione in città, almeno dobbiamo tormentarli”. Questa si è dimostrata una magra consolazione, perché i bangladesi, verso cui sono dirette le azioni di tormento della destra monfalconese, si distinguono per essere pacifici e tolleranti e mai hanno ceduto alla maleducazione e alla reazione. D’altronde, quando un popolo proviene da una realtà di povertà, di importanti calamità naturali, di inondazioni devastanti, di continue invasioni ed oppressioni agite con violenza inaudita da despoti senza alcuna pietà, comprendiamo quanto piccole e insignificanti possano apparire le continue, logorroiche e insignificanti angherie agite su di loro dall’amministrazione cittadina.
Questo governetto pro-tempore ha fatto la sua piccola fortuna racimolando i consensi di quegli ignari che non hanno ancora realizzato che la città è cambiata nel suo panorama sociale, come tutte le altre città che offrono lavoro e che diventano destinazione di nuova vita per tanti che mettono a disposizione le proprie braccia volenterose.
Questi lavoratori, un po’ più abbronzati di noi, a piedi e con la bici per mano e già con il caschetto antinfortunistico indossato, continuano a sorriderci e ringraziarci quando ai passaggi pedonali fermiamo le nostre vetture per permettere loro l’attraversamento. Con un’espressione di riconoscenza e serenità rare. Per me disarmanti.
La politica becera, discriminatoria e divisiva a tutti i costi su Monfalcone ha fallito, e la risposta sempre gentile ed educata dei cittadini venuti da lontano ne è la prova.
Pensateci quando andrete a votare.
Michela Monticolo