Per non dimenticare. Irreconciliabili: essere ebrei nell’Italia fascista.

Il 27 gennaio 1945 le truppe russe varcarono il cancello del campo di sterminio di Auschwitz.

Dopo quanto già visto al campo di Treblinka pochi mesi prima, la tragedia dello sterminio, della tortura, della privazione di ogni diritto umano, fu davanti agli occhi di tutto il mondo.
15 milioni sono state le vittime riconosciute della deportazione nazista, di cui 6 milioni appartenenti alla comunità ebraica.

Un milione e mezzo furono i bambini che trovarono la morte in seguito alle persecuzioni: torturati come cavie da laboratorio, fucilati, bruciati vivi, uccisi dalla fame e dalle malattie, mandati nelle camere a gas.
Per non dimenticare, affinché nessuno potesse più dire “io non sapevo” o potesse negare quante e quali atrocità furono inflitte agli ebrei innanzitutto, ma anche alle minoranze etniche come i rom, ai prigionieri politici e militari, ai disabili, agli omosessuali, vennero raccolte testimonianze e documentati con filmati i luoghi dello sterminio, i forni crematori, le fosse comuni, i volti e i corpi martoriati dei sopravvissuti.

Ufficializzata dalle Nazioni Unite nel 2005, in Italia questa giornata veniva celebrata già da 5 anni, da quando cioè venne approvata con la Legge 211 del 20 luglio del 2000 che recita, al primo punto, “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.

Giustamente quella legge parla di italiani vittime di quella tragedia ma altrettanto doverosamente dobbiamo ricordare come l’Italia e gli italiani abbiano assecondato la follia antiebraica nazista: proprio Trieste, il 18 settembre 1938, fu scelta da Mussolini per pronunciare pubblicamente, per la prima volta, la decisione di adottare una legislazione razziale tale da espellere dalla società gli ebrei.

«La storia c’insegna che gli imperi si conquistano con le armi ma si tengono con il prestigio. E per il prestigio occorre una chiara, severa coscienza razziale, che stabilisca non soltanto delle differenze, ma delle superiorità. Il problema ebraico non è dunque che un aspetto di questo fenomeno. La nostra posizione è stata determinata da questi incontestabili dati di fatto. L’ebraismo mondiale è stato, durante sedici anni, malgrado la nostra politica, un nemico irreconciliabile del Fascismo».  Così Mussolini, capo del fascismo, ancora cittadino onorario di tanti comuni italiani.

Il clima di intolleranza però era già stato preparato da tempo dalla propaganda antisemita fascista, oltre che dalla pubblicazione, il 14 luglio del ’38 su Il Giornale d’Italia, del Manifesto della razza.
Apertamente, dalla sua fondazione, celebra ogni anno questo Giorno, appunto per non dimenticare; questo sarà l’undicesimo anno consecutivo che lo farà a Staranzano, grazie alla collaborazione e al sostegno del Comune e di tanti, come la Bcc di Staranzano e Villesse e la Fondazione Visintin, che ci sostengono e supportano. Il 29 gennaio, al Teatro San Pio X, alle 18, avremo ospite Alessandro Cattunar, che si occupa di didattica della Shoah dopo essersi specializzato presso il Memorial della Shoah di Parigi. Cattunar, attualmente presidente dell’Associazione Quarantasettezeroquattro, con cui si occupa di mostre, musei e progetti di public history, è laureato a Bologna in Discipline delle arti della musica e dello spettacolo; successivamente ha conseguito una laurea specialistica in Storia d’Europa e un dottorato di ricerca in Storia Contemporanea. Ha collaborato con l’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione di Trieste, con l’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione di Udine e con l’Istituto storico di Torino (ISTORETO). Il suo ultimo libro pubblicato è “Storia di una linea bianca. Gorizia, il confine, il Novecento”.  Insegna storia e filosofia nei licei.
Cattunar ripercorrerà il 18 settembre del 1938 , quando Diamantina, Miriam, Izhak, Enrico e Mauro si ritrovano in Piazza dell’Unità d’Italia a Trieste ad ascoltare il discorso del Duce che annuncia l’adozione delle leggi razziali in Italia. Cinque giovani, tra i 12 e i 20 anni, ebrei di Trieste, provenienti dalla Grecia o dalla Cecoslovacchia o residenti in Italia da generazioni. Cinque giovani che assistono, insieme a migliaia di altre persone, ad un evento epocale senza rendersi immediatamente conto della portata delle parole di Mussolini.

Gli effetti concreti, le conseguenze di quell’annuncio appariranno chiari nei giorni e nei mesi successivi: per gli ebrei di Trieste, e di tutta la penisola, nulla sarà più come prima. Questa è la storia di come cinque famiglie, accomunate dalla stessa origine, abbiano affrontato, in modi e con destini diversi, gli anni dell’esclusione e delle persecuzioni, della guerra e della deportazione.
Ad accompagnare Alessandro Cattunar, con letture dal suo testo, ci sarà Antonietta D’Alessandro, attrice del Collettivo Terzo Teatro, mentre a introdurre ci sarà Cinzia Benussi, abituale collaboratrice di Apertamente.

A concludere la serata, come ormai da tradizione, il coro misto giovanile Audite Juvenes diretto dalla Maestra Gianna Visintin, che ha svolto e continua a svolgere un’intensa attività concertistica in ambito corale: ha tenuto più di settecento concerti in Italia e all’estero. È stata docente presso i Conservatori di Vicenza, Trento, Mantova, Gallarate e presso la Scuola Comunale di Musica di Ruda.

Il coro sarà accompagnato, al pianoforte, dalla maestra Rossella Fracaros.
A portare il saluto del Comune di Staranzano il Sindaco Marco Fragiacomo.

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