La speranza è compito della politica

 

Siamo a fine anno, quel periodo dove si fa il punto della situazione, quello fatto bene o male, cosa rimane, quale priorità per iniziare l’anno. La parola speranza è quella più utilizzata riferita alla pace, alla salute, al lavoro, ai sogni.

Rimango attonito davanti a tanti “IO” e tanti “VOI” con un sventolio di bandiere da tifosi di parte, mentre le esigenze, le necessità rimangono senza risposta per mancanza di attenzione, mentre serve il “NOI” per “LORO”. Tante celebrazioni, testimonianze, parole importanti, che se non trasformate in azioni politiche, volano dove l’aria va, dove rimane solo l’autoreferenzialità.

Oggi si parla dei fondi amianto, destinati alle aziende responsabili delle morti, passato un anno dalla decisione del Governo e siamo ancora a chiedersi: come è stato possibile che sia successo? quali le condivisioni locali? perché si vantano di operare di nascosto, al buio (nelle tenebre come i ladri) e non lo fanno alla luce del sole? Penso faccia parte di un sistema operativo, infatti permane il silenzio su tutto il resto.

Sottolineo tre punti, portati alla luce a livello locale come fatto per i fondi amianto, rimasti senza risposte, il  che dimostra la mancata attenzione nei confronti di questi temi.

  • Oggi la qualità dell’acqua viene controllata diverse centinaia di volte ogni anno nel rispetto delle prescrizioni della normativa vigente e nella piena collaborazione con gli enti preposti. Purtroppo, in Italia, la qualità dell’acqua non si misura sulla base della presenza o meno di fibre di amianto, e questo è inaccettabile. Sono oltre 100 le leggi nazionali e regionali che regolano l’acqua potabile in Italia, ma nemmeno una che fissi i limiti di amianto.

Una richiesta specifica era stata fatta nella settima Conferenza Regionale sull’amianto tenuta a Monfalcone nel 2017. Oggi, in mancanza di normative per gli enti di controllo, il punto di riferimento rimane una norma americana dei primi anni 90 che fissa il limite a 7(sette) milioni di fibre per litro di acqua.

La risoluzione del parlamento europeo dice che non esiste livello minimo sotto la quale si è sicuri. La Sen. Fasiolo aveva a suo tempo raccolto la richiesta e il 15 novembre 2017 aveva presentato in Senato una mozione “zero amianto”. Erano presenti la Regione FVG con l’assessore Sara Vito e la dott. Fiorella Belboggi una dei massimi esperti in materia.

Nei parlamenti successivi nessuno se ne è interessato.

Serve una legge “zero amianto” e un sistema unico nazionale per fare le analisi, per non partecipare a future testimonianze. Si tratta di un patto generazionale per LORO, per i nostri figli e nipoti.

Per quanto riguarda la presenza di amianto, nel territorio regionale era stata fatta una campagna prelievi nel 2005 e i risultati non sono ancora stati pubblicati.

Poi era stata fatta una campagna prelievi nel 2017 i cui risultati non sono ancora disponibili!!!!

  • Nel momento in cui i tubi in cemento-amianto per trasportare l’acqua potabile vengono dismessi, secondo la legge per i rifiuti diventano rifiuti tossici che vanno recuperati e smaltiti nelle discariche. La scienza ci dice che, se lasciati interrati, non c’è nessun pericolo e addirittura si possono riutilizzare per altri interessi.

Alla stessa conclusione sono giunti in seguito sia il Ministero dell’Ambiente nel 2017, che l’INAIL nel 2019. Alla luce delle considerazioni sopra indicate, nel 2023 anche IRISACQUA ravvede l’opportunità di un intervento legislativo che disciplini le operazioni di dismissione delle tubature in cemento amianto.

  • Infine, il terzo punto affronta le conseguenze dell’aggiornamento fatto nel 2017/18 della direttiva europea del 2004 in materia di sostanze cancerogene negli ambienti di lavoro.

Questo per la necessità di allineare i contenuti tecnici e scientifici: l’introduzione di nuove sostanze nei processi produttivi, la ridefinizione di valori limite di esposizione, le metodologie di protezione, la sorveglianza sanitaria, il monitoraggio epidemiologico.

I valori limite della direttiva del 2004 sono stati così cancellati e aumentati di molto, aprendo la strada a veri disastri umani.

I lavoratori hanno l’illusione di essere protetti, ma in pratica questi nuovi valori si trasformano in una “autorizzazione ad uccidere” che l’Europa concede alle imprese.

La “silice cristallina” è la sostanza che ci interessa perché utilizzata, in quantità massicce e con esposizioni massicce di lavoratori, nell’edilizia e nella cantieristica.

Le certificazioni dei materiali da parte degli enti preposti valutano il rispetto delle norme europee, ma queste sono già state modificate in negativo nei valori base.

Mentre non ci sono analisi sugli elementi che compongono il materiale i quali diventano moltiplicatori di conseguenze per la salute dei lavoratori.

Serve intervenire sulla direttiva europea del 2017/18, avendo come riferimento le posizioni del sindacato nazionale ed europeo.

Se non ci sono i dati non ci sono problemi, se non ci sono problemi non ci sono azioni.

La politica deve essere capace di prevenire, per la speranza.

Luigino Francovig

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