BicicLotta continua, l’odissea dei velocipedi in città

Continua la lotta dell’Amministrazione comunale contro una parte della popolazione.

Caduta nel dimenticatoio la lotta alle presunte moschee, in realtà mai esistite se non nella fantasia di qualcuno, per intervenuta sentenza favorevole del Tribunale a detta popolazione; interrotta la lotta al cricket, per intervenuto interesse internazionale che rischia di ridicolizzare la stessa Amministrazione di fronte all’intero pianeta; sospesa temporaneamente la lotta ai burkini per intervenuto inverno; fallita la lotta alle panchine causa l’imprevisto utilizzo alternativo dei gradini più a nord del Mediterraneo, la nuova frontiera della lotta identitaria e sovranista dell’Amministrazione comunale in difesa delle tradizioni è la lotta senza quartiere (nel senso che si fa in tutti i quartieri di Monfalcone) al posteggio delle biciclette.

Da un sito di informazione, che è eufemistico definire schierato, apprendiamo che un assessore, ex sindaco e attualmente parlamentare europeo, ci informa con fierezza che nella città di Monfalcone, minuscolo puntino sulla carta geografica (più a nord del Mediterraneo ma, metaforicamente parlando, fuori dal mondo) “con l’obiettivo di garantire una maggiore sicurezza per automobilisti e pedoni e migliorare la fruibilità delle strade cittadine… sono state rimosse ben 36 biciclette, che erano state posteggiate in maniera impropria e che si sono palesate alla vista degli agenti anche appese su archetti parapedonali, alberi, pali della luce e in altri luoghi non adatti al parcheggio.” (cit.)

Una vista sicuramente agghiacciante.

L’assessore e parlamentare europeo ha poi commentato: “Per noi garantire la sicurezza stradale e il decoro urbano rappresentano delle priorità assolute e la Polizia locale, che ringrazio per il lavoro che quotidianamente svolge per contrastare le irregolarità e il degrado, continuerà nell’attività di presidio del territorio per assicurare ai cittadini di vivere in una città sicura e ordinata”. (cit.)

Quindi la soluzione di tutti i problemi di decoro e ordine pubblico in una cittadina di 30.000 abitanti ove insistono 81 etnie e migliaia di immigrati si trova rimuovendo 36 biciclette.

Abbiamo una città con problemi enormi, migliaia di immigrati, ed altri in arrivo visto che le navi le faremo sempre più grandi, problemi sociali, alta tensione abitativa e rimuoviamo 36 biciclette.

Ma come abbiamo fatto a non pensarci prima? Era così semplice… Abbiamo problemi con la sanità, con la scuola dovuti all’impatto degli immigrati, il mercato della casa è in caduta libera, ma il problema sono 36 biciclette. 36 biciclette che non sono un capriccio, ma l’unico mezzo di locomozione per molti lavoratori del Cantiere navale, uno strumento prezioso quindi.

Viene in mente il dramma rappresentato da De Sica nel film “Ladri di biciclette” del 1948, che ben dipinge cosa significasse per i nostri operai una bicicletta settant’anni fa. Per i nostri nonni per capirsi. Oggi per “l’ordine pubblico”, per la nostra “sicurezza” diventa essenziale portare via queste biciclette.

Bene, siamo salvi. Qualunque cosa succeda, guerra, carestia, noi siamo salvi.

Perché c’è chi lotta per noi in modo che non rimaniamo vittime delle biciclette.

Eh, sono soddisfazioni…

Massimo Bulli

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