Elezioni europee o sondaggio sul governo?
La campagna promozionale è iniziata da tempo, complice anche lo stillicidio di elezioni regionali che hanno misurato praticamente ogni mese – insieme al diluvio di sondaggi più o meno affidabili – l’umore dei votanti. Quello che a volte sfugge è la caratteristica specifica di ogni tornata, portando spesso alla ribalta problematiche interessanti, ma non pertinenti. Il rischio di questo tempo elettorale è stato quello di non mettere a tema i problemi continentali, ma di cogliere l’occasione per scommettere sulla tenuta o sul possibile tracollo del governo nazionale.
Avvicinandosi la giornata della scelta, si è parlato poco dei compiti, delle opportunità e degli attuali limiti del Parlamento europeo, mettendo piuttosto in prima linea da una parte le presunte “conquiste”, dall’altra le “malefatte” dell’esecutivo Meloni.
Eppure, in un momento decisivo per le sorti del Pianeta, tematiche ce ne sarebbero tantissime, sia a livello etico che – mutatis mutandis – politico. Per citarne solo tre, di diverso ordine ma particolarmente pressanti, basta riferirsi alle scelte relative alla situazione internazionale, all’ecologia e anche alla stessa configurazione istituzionale della governance continentale.
Sarebbe quindi importante che tutti i partiti, in ordine sparso dato il sistema proporzionale specifico delle “europee”, si pronunciassero in modo esplicito, senza ambiguità, sulla posizione da tenere nei confronti della guerra in atto fra Ucraina e Russia, del terribile conflitto israeliano palestinese, dell’accoglienza dei migranti sulle rotte mediterranee e balcaniche o sul loro eventuale respingimento, della permanenza o allargamento della NATO, della cooperazione e partenariato tra gli Stati e così via.
Ci si aspetterebbe una proposta chiara sul rallentamento o meno del cambiamento climatico e sulla riduzione delle emissioni derivate da combustibili fossili, sull’enorme consumo del suolo e delle energie naturali, sul rapporto tra lavoro ed ecologia, sull’utilizzo della cosiddetta intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie, sulla riduzione sistematica della produzione delle armi e sullo svuotamento (o meno) degli arsenali militari.
Oltre a tutto ciò e a molto altro, si vorrebbe anche un pronunciamento sulla stessa configurazione istituzionale della Comunità europea, in modo che si possa stabilire un rapporto diretto tra Parlamento e Commissione, sottoponendo la nomina e le decisioni della seconda alle scelte democratiche espresse dai rappresentanti eletti dal popolo.
Suvvia, dunque, centrodestra o centrosinistra. Lasciando perdere per il momento auto-incensazioni o sistematiche denigrazioni e presentando con limpidezza e trasparenza concreti programmi per l’Europa del futuro, si offrirebbe la possibilità agli elettori di votare consapevolmente e oculatamente i propri rappresentanti.
La democrazia presuppone infatti la partecipazione, cioè la conoscenza dei valori e dei metodi previsti per concretizzarli, non l’appartenenza all’una o all’altra tifoseria.
Andrea Bellavite