A giorni si avvieranno le iniziative per il 25 aprile e immancabilmente ritorneranno da parte della maggioranza, i distinguo, le assenze alle celebrazioni, gli appelli a una memoria condivisa, la trita affermazione che i morti sono tutti uguali, e via dicendo.
Si dirà che non ha più senso parlare di fascismo, stagione superata; che dichiarare, oggi, di essere antifascista non ha più alcun significato, insomma, che ” l’antifascismo non serve più a niente”, come ha affermato la premier, condendo l’affermazione con le faccette da capopopolo che hanno poco a che fare con qualsiasi ruolo istituzionale. Oggi, chi non ha mai rinnegato il ventennio è al governo nel Paese e rifiuta, chi affogando nel silenzio, chi con arroganza e spocchia, una condanna della dittatura: guerra, morti, miseria, campi di concentramento e sterminio, migrazioni di massa drammatiche sembrano essere accidenti della storia, incisi svincolati dalle cause che li hanno provocati.
Oggi si cerca di cancellare ancora una volta quanto sta alla base della nostra costituzione, del nostro vivere civile. Per troppi anni si è ridotta a pura forma la Festa della Liberazione, e sono state considerate “di parte” le iniziative indette dalle organizzazioni democratiche e antifasciste, dall’associazionismo culturale, dagli storici che mantengono accesi i riflettori, con lo studio, su quel passato.
Tutti sentiamo dire che il fascismo non potrà più ripetersi: altri sono i tempi e altre le condizioni. Il fascismo però non si è manifestato solamente con la marcia su Roma o con le squadracce portate a distruggere i centri di aggregazione democratiche o le sedi dei giornali non allineati. Esso ha significato limitazione, fino all’annullamento, di ogni libertà di espressione, verbale e scritta, la disgregazione dei poteri parlamentari, il delitto contro il dissenso: il 10 giugno ricorre il centenario del sequestro e dell’assassinio di Giacomo Matteotti. Ha significato l’allontanamento dalle scuole dei professori non allineati, la limitazione della libertà di stampa fino alla censura preventiva, l’accentramento dei poteri su una persona, l’annullamento dell’opposizione, la deportazione delle voci contrarie. E poi, repressione delle opposizioni politiche e culturali, con il confino, l’ Ovra e il tribunale speciale; la persecuzione delle diversità, religiose e linguistiche, fino alle le leggi razziste del 18 settembre 1938 annunciate da Mussolini a Trieste davanti a una folla inneggiante e poi ribadite due giorni dopo a Gorizia, estendendo l’approccio razzista alle popolazioni di lingua slovena e croata, che già nel 1920 definì “razza barbara e inferiore” e nel 1942 avrebbe indicato come “stirpe maledetta”.
Oggi, la maggioranza di governo che continua a ignorare la Resistenza, cerca di appropriarsi della Costituzione modificandola, snaturandola, rendendola priva di quel sistema di pesi e contrappesi necessari fra i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario, che sono a garanzia del nostro sistema di libertà. Vogliono il cosiddetto Premierato, un Presidente del Consiglio eletto dal popolo, svilendo la figura di garanzia esercitata dal il Presidente della Repubblica, di cui il Paese ha bisogno e della quale, mai come in questi anni, abbiamo sperimentato la necessità. Vogliono limitare la libertà di stampa, sia introducendo norme specifiche, sia, proprio in questi giorni, prevedendo una diversa regolamentazione per gli accessi alle reti radiotelevisive in periodo di elezioni. Una nuova par condicio che consente a ministri e sottosegretari di aggiungersi ai rappresentanti della maggioranza nella campagna elettorale, in questo caso per le elezioni Europee dell’8 e 9 giugno, con la scusa delle loro attività istituzionali. Un ulteriore atto di forza grave e pericoloso e un cambiamento delle regole in corso d’opera. Ai giovani possiamo ricordare le parole che Pietro Calamandrei, nel 1955 rivolse agli studenti milanesi: “ È così bello, è così comodo! è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io, ci sono… Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perchè questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica”. E a chi nega o ignora il valore del 25 aprile, possiamo rammentare le parole con le quali Aldo Moro rispose, il 13 marzo 1947, durante i lavori dell’Assemblea Costituente, all’On. Lucifero, che chiedeva una Costituzione “afascista”: «Non possiamo […] fare una Costituzione afascista, cioè non possiamo prescindere da quello che è stato nel nostro Paese un movimento storico di importanza grandissima, il quale nella sua negatività ha travolto per anni le coscienze e le istituzioni. Non possiamo dimenticare quello che è stato, perché questa Costituzione oggi emerge da quella resistenza, da quella lotta, da quella negazione, per le quali ci siamo trovati insieme sul fronte della resistenza e della guerra rivoluzionaria ed ora ci troviamo insieme per questo impegno di affermazione dei valori supremi della dignità umana e della vita sociale».
Franco Belci e Paolo Polli