1° maggio Festa del Lavoro: il dato prevalente è che in Italia manca il lavoro, un lavoro di qualità.
Una scarsità che porta sempre più persone a essere impaurite della prospettiva di perderlo o di non trovarlo, di essere precari a vita, o di lavorare in nero. Comunque ricattabili.
Dignità, diritti, salute finiscono in secondo piano.
A questo va aggiunta una disoccupazione con picchi ingovernabili in diversi segmenti della popolazione: giovani, donne, cinquantenni, e in alcune aree come il Sud del paese.
Siamo in piena crescita di diseguaglianze intergenerazionali, di reddito e di opportunità. È una deriva che preoccupa, anche con la ripresa economica in evoluzione del dopo emergenza Covid, con un’Europa in cerca di transizioni giuste e di uno sviluppo sostenibile. Dimenticato il nemico Covid è ritornato come nemico l’emigrante, anche quello economico, ricercato e richiesto dal sistema produttivo italiano e convalidato dal Governo. Tema affrontato come emergenza ma che tutti sanno essere strutturale, per almeno i prossimi 20 anni.
Sul versante produttivo vediamo i gravi ritardi sugli investimenti sull’innovazione, sulla ricerca, sulla formazione in settori come sanità, scuola, industria, prevenzione.
Negli ultimi 10 anni il numero di persone in età feconda è diminuito del 20%, oltre 100.000 giovani all’anno se ne vanno. Una serie di contraddizioni tra disoccupazione e mancanza di investimenti, tra giovani che se ne vanno e ricerca di forza lavoro, tra risposte elettorali e visioni politiche necessarie.
Servono scelte politiche, partecipazione e coraggio. Nella nostra realtà, queste complessità di problemi, invece di essere governati con il coinvolgimento di tutte le forze interessate, vengono silenziati o semplificati, indicando quale problema il nemico di turno, seminando l’ostilità verso chi, richiesto, viene nel nostro paese per gli stessi obbiettivi. Ritardi e diseguaglianze diventate ingestibili per precise responsabilità politiche che hanno portato a guerre tra ultimi e penultimi nel territorio, mentre sui posti di lavoro, ogni giorno, tutti insieme partecipano a fare il prodotto di vanto per la città. Tutti artisti.
Eppure in questa area territoriale il concentramento di industrie e infrastrutture, che si confrontano giornalmente sul mercato mondiale, sono un’opportunità unica per il futuro, a condizione che diventino protagoniste nella strategia di un unico polo “dell’Alto Adriatico” nel cuore dell’Europa.
Serve ripensare il lavoro, la salute, l’ambiente per progettare e costruire un futuro di opportunità, di sicurezza, di benessere del territorio. Ripensare, facendo prima chiarezza e dando risposte: sul patto, fino ad oggi non rispettato, sui 670 tecnici che dovevano essere dislocati presso l’ex albergo operai; sui servizi e docce per i lavoratori (2700) delle ditte private, una questione di “salute pubblica” diventata una discriminazione inaccettabile; un progetto di sorveglianza sanitaria di prevenzione per i lavoratori che operano con le fibre artificiali vetrose, i materiali sostitutivi dell’amianto, su cui viene mantenuto un silenzio corresponsabile. Nella visione della futura città di Monfalcone, centrale è l’attività produttiva, ripensata, dove tutti partecipano e tutti si riconoscono, dove nessuno deve rimanere indietro da solo.
1° maggio sventolando la bandiera della Costituzione: art. 1° lavoro; artt. 2 e 4 diritti; art. 3 dignità; a cui vanno aggiunti gli artt. 32 e 41 su salute e sicurezza.
A partire dal riconoscimento adeguato agli artisti capaci di lavorare e trasformare le materie prime in prodotti di alta qualità.
A partire dalla prevenzione per la salute e la sicurezza. Dal monitoraggio dell’Osservatorio nazionale morti sul lavoro di Bologna, dell’Inail, dell’Inca Cgil: gli infortuni mortali sono stati 1090 nel 2021, 1361 nel 2022, 1484 nel 2023; infortuni temporanei o permanenti: 564.089 nel 2021, 697.773 nel 2022, 770.000 nel 2023; malattie professionali riconosciute 55.205 nel 2021, 60.774 nel 2022, aumento del 21%. Va sottolineato che c’è un aumento doppio delle malattie per i lavoratori stranieri, esposti ai lavori più disagiati. Circa un terzo degli infortuni mortali avvengono in viaggio, andando o tornando al lavoro, ma anche conseguenza della professione, per es. autotrasportatori, rider, ecc. Numeri che vanno aumentati di un 30% per i lavoratori non iscritti all’Inail, lavoratori in nero, precari. Attenzione, sui posti di lavoro ci sono tutta una serie di esposizioni che prese singolarmente possono rientrare nei limiti, ma insieme non diventano sommatorie ma moltiplicatrici dei pericoli per la salute. Sottolineo che le malattie sono la conseguenza dell’esposizione sul lavoro, non sono infettive, e colpiscono una classe sociale: i lavoratori. Non sono sufficienti i corsi sulla sicurezza per i lavoratori, quando non vengono rispettate le leggi e gli accordi con il sindacato, non vengono date le giuste disposizioni e indumenti di protezione. Importante l’aumento di organico degli ispettori del lavoro per i controlli tuttora insufficienti. Sono persone, vittime per scelta politica e per scelta politica sono solo cronaca. La protezione della salute e della sicurezza sul lavoro e a casa deve essere la spina dorsale della transizione e del futuro sviluppo.
Queste tematiche non possono rimanere di competenza solo del sindacato, devono diventare una “questione sociale”. I lavoratori sono persone, sempre. 1° maggio Festa del Lavoro tutto l’anno, non a queste condizioni.
Per i lavoratori, 1° Maggio dell’unità
Di fronte a queste problematiche non è possibile difendersi in modo individuale, rivendicare i propri diritti, la propria dignità, salvaguardare la salute e la sicurezza, il riconoscimento professionale. È indispensabile uno strumento come il sindacato, da loro liberamente scelto, che li rappresenti sul lavoro e poi in pensione, che sostenga le legittime esigenze e necessità, con una visione generale. È indispensabile un patto con le forze politiche, con le istituzioni per trasformare in scelte politiche di visione.
1° Maggio, che l’unità di oggi diventi di ogni giorno, del futuro, sulla base della Costituzione, del lavoro, dei diritti, della dignità.
Luigino Francovig